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Vivere il sacerdozio

Il dono del sacerdozio è un atto d'amore di Dio, che ha chiesto la collaborazione dell’uomo per realizzare il piano di salvezza. Il giovedì santo, istituendo il sacramento dell'Eucaristia, Cristo ha costituito gli Apostoli suoi ministri e strumenti di Dio per il bene dell’umanità. Nei brani che seguono abbiamo voluto evidenziare l’unità e l’univocità d'insegnamento sulla vita sacerdotale che il Papa e la Madre dell'Eucaristia hanno dato come segno di profondo amore per i figli prediletti e pastori della Chiesa. Con il carattere tondo riportiamo brani tratti da "Esortazione apostolica post-sinodale pastores dabo vobis di Sua Santità Giovanni Paolo II all'episcopato, al clero e ai fedeli circa la formazione dei sacerdoti nelle circostanze attuali" del 25 marzo 1992 e da "Dono e Mistero nel 50° del mio sacerdozio" di Sua Santità Giovanni Paolo II del 1° novembre 1996. In corsivo evidenziamo i messaggi della Madre dell'Eucaristia e di Gesù che, a nostro avviso, sono in perfetta sintonia con le parole del Santo Padre.

"Non richiede molto sacrificio diventare sacerdote, ma esige immolazione vivere il sacerdozio. Vivere il sacerdozio è bello, è grande, è sofferto. Amate il vostro sacerdozio come se viveste l’ultimo giorno della vostra vita, dite ogni giorno la santa Messa come se fosse l’ultima" (Mess. della Madonna, 20 maggio 1996)

Cristo Sommo Sacerdote e Buon Pastore.

"Vi darò pastori secondo il mio cuore i quali vi faranno pascolare con scienza e intelligenza" (Ger 3, 15). Con queste parole del profeta Geremia, Dio promette al suo popolo di non lasciarlo mai privo di pastori che lo radunino e lo guidino: "Costituirò sopra di esse (ossia sulle mie pecore) pastori che le faranno pascolare" (Ger 23, 4). "Voi, miei cari sacerdoti, date voi stessi per le anime che aspettano il vostro aiuto. Il sacerdote è anche vittima; sacerdote e vittima" (Mess. di Gesù, 26 maggio 1996); "Il sacerdote deve donarsi completamente alle anime e, poiché è anche vittima, deve permettere che le anime vengano da lui quando vogliono o sentono il bisogno di convertirsi veramente, di mettersi in grazia di Dio e di ricevere Gesù in grazia" (Mess. della Madonna, 17 agosto 1997). Gesù Cristo è il Pastore grande delle pecore, ha affidato agli apostoli e ai loro successori il ministero di pascere il gregge di Dio. In particolare, senza sacerdoti la Chiesa non potrebbe vivere quella fondamentale obbedienza al comando di Gesù: "Andate dunque e ammaestrate tutte le genti" (Mt 28, 19) e "Fate questo in memoria di me" (Lc 22, 19), ossia il comando di annunciare il Vangelo e di rinnovare ogni giorno il sacrificio del suo corpo dato e del suo sangue versato per la vita del mondo. Voi siete i ministri dell'Eucaristia, i dispensatori della misericordia divina nel Sacramento della Penitenza, i consolatori delle anime, le guide dei fedeli tutti nelle tempestose difficoltà della vita. "l’identità sacerdotale - hanno scritto i Padri sinodali - come ogni identità cristiana ha la sua fonte nella Santissima Trinità". Il sacerdote è l’immagine viva e trasparente di Cristo sacerdote. "Io sono Gesù, Dolce Maestro, il sacerdote è il Dolce Cristo in terra" (Mess. di Gesù, 31 ottobre 1993). Il riferimento a Cristo è allora la chiave assolutamente necessaria per la comprensione delle realtà sacerdotali. Gesù Cristo ha manifestato in se stesso il volto perfetto e definitivo del sacerdozio della nuova Alleanza: questo ha fatto in tutta la sua vita terrena, ma soprattutto nell'evento centrale della sua passione, morte e risurrezione. Come scrive Paolo nella Lettera agli Ebrei, Gesù, essendo uomo come noi e insieme il Figlio unigenito di Dio, è mediatore perfetto tra il Padre e l’umanità, grazie al dono dello Spirito: "Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del Figlio suo che grida: Abbà, Padre!" (Gal 4, 6). Gesù è il Buon Pastore venuto "non per essere servito, ma per servire" (Mt 20, 28), che, nell’atto pasquale della lavanda dei piedi, lascia ai suoi il modello del servizio che dovranno avere gli uni verso gli altri. Gesù conferisce agli apostoli la stessa autorità messianica che gli viene dal Padre e che gli è conferita in pienezza con la risurrezione: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo" (Mt 28, 18 - 20). "Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato" (Mt 10, 40). "Come il Padre ha mandato me, così io mando voi" (Gv 20, 21). Ciò è possibile non a partire dalle forze umane, ma solo con il "dono" di Cristo e del suo Spirito, con il "sacramento": "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Gv 20, 22-23). Così, non per qualche loro merito particolare, ma soltanto per la gratuita partecipazione alla grazia di Cristo, gli apostoli prolungano nella storia la stessa missione di salvezza di Gesù a favore degli uomini. Pertanto i presbiteri sono chiamati a prolungare la presenza di Cristo, unico e sommo pastore, attualizzando il suo stile di vita e facendosi quasi sua trasparenza in mezzo al gregge loro affidato. I presbiteri sono, nella Chiesa e per la Chiesa, una ripresentazione sacramentale di Gesù Cristo Capo e Pastore, ne proclamano autorevolmente la parola, ne ripetono i gesti di perdono e di offerta della salvezza, soprattutto col Battesimo, la Penitenza e l'Eucaristia, ne esercitano l’amorevole sollecitudine, fino al dono totale di sé per il gregge, che raccolgono nell’unità e conducono al Padre per mezzo di Cristo nello Spirito. "Lo Spirito del Signore è sopra di me" (Lc 4, 18). Lo Spirito non sta semplicemente "sopra" il Messia, ma lo "riempie", lo penetra, lo raggiunge nel suo essere ed operare. Lo Spirito, infatti, è il principio della "consacrazione" e della "missione" del Messia.

Gesù Cristo è Capo della Chiesa, suo Corpo. È "Capo" nel senso nuovo e originale dell'essere servo, secondo le sue stesse parole: "Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti" (Mt 20, 28). l’autorità di Gesù Cristo Capo coincide dunque con il suo servizio, con il suo dono, con la sua dedizione totale, umile e amorosa nei riguardi della Chiesa. L'esistenza spirituale di ogni sacerdote viene animata e vivificata dal servizio verso la Chiesa. Così Sant'Agostino ammoniva un vescovo nel giorno della sua ordinazione: "Chi è capo del popolo deve per prima cosa rendersi conto che egli è il servo di molti. E non disdegni di esserlo, ripeto, non disdegni di essere il servo di molti, poiché non disdegnò di farsi nostro servo il Signore dei signori". La vita spirituale dei ministri del Nuovo Testamento dovrà essere improntata, dunque, a questo essenziale atteggiamento di servizio al popolo di Dio, scevro da ogni presunzione e da ogni desiderio di "spadroneggiare" sul gregge affidato. "Cercate il sacerdote che possa farvi la catechesi ed aiutarvi, che vi ami, mettendo se stesso all’ultimo posto. Il sacerdote deve rispettare ogni anima" (Mess. della Madonna, 11 giugno 1995). La Chiesa è sì il corpo, nel quale è presente e operante Cristo Capo, ma è anche la Sposa, per questo Cristo sta "davanti" alla Chiesa, "la nutre e la cura" con il dono della sua vita per lei. Il sacerdote è chiamato ad essere immagine viva di Gesù Cristo Sposo della Chiesa.

Il contenuto essenziale della carità pastorale è il dono di sé, il totale dono di sé alla Chiesa. "La carità pastorale è quella virtù con la quale noi imitiamo Cristo nella sua donazione di sé e nel suo servizio".

Come Cristo "ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei", così dev'essere per il sacerdote.

La carità pastorale trova la sua espressione piena e il suo supremo alimento nell'Eucaristia: "Questa carità pastorale - leggiamo nel Concilio - scaturisce soprattutto dal sacrificio eucaristico, il quale risulta quindi il centro e la radice di tutta la vita del presbitero".

La carità pastorale del sacerdote non solo scaturisce dall'Eucaristia, ma trova nella celebrazione di questa la sua più alta realizzazione.

Già Paolo ammoniva il vescovo Timoteo: "Non trascurare il dono spirituale che è in te" (2 Tm).

Grazie al prezioso insegnamento del Concilio Vaticano II, possiamo cogliere le condizioni e le esigenze, le modalità e i frutti dell’intimo rapporto che esiste tra la vita spirituale del sacerdote e l'esercizio del suo triplice ministero: della Parola, del Sacramento e del servizio della Carità.

Esercizio del triplice ministero: Parola di Dio, Penitenza, Eucaristia.

L'evangelizzazione.

Per essere autentica guida della comunità, vero amministratore dei misteri di Dio, il sacerdote è chiamato ad essere anche uomo della Parola di Dio, generoso ed infaticabile evangelizzatore. Una dimensione esigente, giacché gli uomini di oggi si aspettano dal sacerdote, prima che la parola "annunciata", la parola "vissuta". Il sacerdote per primo deve sviluppare una grande familiarità personale con la Parola di Dio: non gli basta conoscerne l’aspetto linguistico o esegetico, che pure è necessario; gli occorre accostare la parola con cuore docile e orante, perché essa penetri a fondo nei suoi pensieri e sentimenti e generi in lui una mentalità nuova "il pensiero di Cristo", in modo che le sue parole, le sue scelte e i suoi atteggiamenti siano sempre più una trasparenza, un annuncio ed una testimonianza del Vangelo. Il sacerdote dev'essere il primo "credente" alla Parola, nella piena consapevolezza che le parole del suo ministero non sono "sue", ma di Colui che lo ha mandato. Di questa Parola egli non è padrone: è servo. Di questa Parola egli non è unico possessore: è debitore nei riguardi del Popolo di Dio. Paolo deve poter dire: "Per me evangelizzare non è un titolo di gloria, ma un dovere. Guai a me se non predicassi il Vangelo!" (1 Cor 9, 16).

Sacramento della Penitenza.

Il sacerdote è testimone e strumento della misericordia divina! Come è importante il servizio del confessionale nella sua vita! Proprio nel confessionale la sua paternità spirituale si realizza nel modo più pieno. Proprio nel confessionale ogni sacerdote diventa testimone dei grandi miracoli che la misericordia divina opera nell’anima che accetta la grazia della conversione. È necessario però che ogni sacerdote al servizio dei fratelli nel confessionale sappia fare egli stesso esperienza di questa misericordia di Dio, attraverso la propria regolare confessione e la direzione spirituale.

La vita spirituale e pastorale del sacerdote, come quella dei suoi fratelli laici e religiosi, dipende, per la sua qualità e il suo fervore, dall’assidua e coscienziosa pratica personale del Sacramento della Penitenza. La celebrazione dell'Eucaristia, il ministero degli altri Sacramenti e, in una parola, tutta l'esistenza sacerdotale subisce un inesorabile scadimento se viene a mancarle la grazia. In un prete che non si confessasse più o si confessasse male, il suo essere prete e il suo fare il prete ne risentirebbero molto presto e se ne accorgerebbe anche la Comunità di cui egli è pastore.

Eucaristia alimento della vita sacerdotale.

"Per me, fin dai primi anni del sacerdozio, la celebrazione dell'Eucaristia è stata non soltanto il dovere più sacro, ma soprattutto il bisogno più profondo dell’anima". S'impone, innanzitutto, il valore e l'esigenza di "vivere intimamente uniti" a Gesù Cristo. l’unione al Signore, fondata sul Battesimo e alimentata con l'Eucaristia, domanda di esprimersi, nella vita di ogni giorno. l’intima comunione con la Santissima Trinità, ossia la vita nuova della grazia che rende figli di Dio, costituisce la "novità" del credente. Gesù ci ha insegnato questo meraviglioso contenuto della vita cristiana, che è anche il cuore della vita spirituale, con l’allegoria della vite e dei tralci: "Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo... Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla". Ora i sacerdoti, nella loro qualità di ministri delle cose sacre, sono soprattutto i ministri del Sacrificio della Messa: il loro ruolo è del tutto insostituibile, perché senza sacerdote non vi può essere offerta eucaristica: non esiste Eucaristia senza sacerdozio, come non esiste sacerdozio senza Eucaristia. Questo spiega l’importanza essenziale dell'Eucaristia per la vita e per il ministero sacerdotale. Converrà pertanto che i seminaristi partecipino ogni giorno alla celebrazione eucaristica, di modo che, in seguito, assumano come regola della loro vita sacerdotale questa celebrazione quotidiana. Essi saranno inoltre educati a considerare la celebrazione eucaristica come il momento essenziale della loro giornata, al quale parteciperanno attivamente, mai accontentandosi di una assistenza soltanto abitudinaria. Infine, i candidati al sacerdozio saranno formati alle intime disposizioni che l'Eucaristia promuove: la riconoscenza per i benefici ricevuti dall’alto, poiché Eucaristia è azione di grazie; l’atteggiamento oblativo che li spinge a unire all’offerta eucaristica di Cristo la propria offerta personale; la carità nutrita da un sacramento che è segno di unità e di condivisione; il desiderio di contemplazione e di adorazione davanti a Cristo realmente presente sotto le specie eucaristiche.

È soprattutto nella celebrazione dei Sacramenti e nella celebrazione della Liturgia delle Ore che il sacerdote è chiamato a vivere e a testimoniare l’unità profonda tra l'esercizio del suo ministero e la sua vita spirituale. Anche per il sacerdote il posto veramente centrale, sia nel ministero sia nella vita spirituale, è dell'Eucaristia, perché in essa "è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua e pane vivo che, mediante la sua carne vivificata dallo Spirito Santo, dà vita agli uomini, i quali sono in tal modo invitati e indotti a offrire insieme a lui se stessi, le proprie fatiche e tutte le cose create". "Ricordatevi: il sacerdozio è un grande sacramento. Il sacerdote è chiamato da Dio, Gesù entra in lui e il sacerdote è in Gesù" (Mess. della Madonna, 25 maggio 1996).

Il celibato sacerdotale.

La Chiesa, come Sposa di Gesù Cristo, vuole essere amata dal sacerdote nel modo totale ed esclusivo con cui Gesù Cristo Capo e Sposo l'ha amata. Il celibato sacerdotale, allora, è dono di sé in e con Cristo alla sua Chiesa ed esprime il servizio del sacerdote alla Chiesa in e con il Signore. Per vivere tutte le esigenze morali, pastorali e spirituali del celibato sacerdotale è assolutamente necessaria la preghiera umile e fiduciosa, come ci avverte il Concilio: "Al mondo d'oggi, quanto più la perfetta continenza viene considerata impossibile da tante persone, con tanta maggiore umiltà e perseveranza debbono i presbiteri implorare insieme alla Chiesa la grazia della fedeltà che mai è negata a chi la richiede, ricorrendo allo stesso tempo ai mezzi soprannaturali e naturali di cui tutti dispongono". "San Giuseppe ha difeso la sua purezza dalla concupiscenza della carne, dalle tentazioni del demonio e dalle sollecitudini del mondo con la preghiera, la vigilanza, il digiuno" (3° giorno della novena a San Giuseppe).

La direzione spirituale.

È necessario riscoprire la grande tradizione dell’accompagnamento spirituale personale, che ha sempre portato tanti e preziosi frutti nella vita della Chiesa: esso può essere aiutato in determinati casi e a precise condizioni, ma non sostituito, da forme di analisi o di aiuto psicologico. I ragazzi, gli adolescenti e i giovani siano invitati a scoprire e ad apprezzare il dono della direzione spirituale, a ricercarlo e a sperimentarlo, a chiederlo con fiduciosa insistenza ai loro educatori nella fede. I sacerdoti, per parte loro, siano i primi a dedicare tempo ed energie a quest'opera di educazione e di aiuto spirituale personale. Anche la pratica della direzione spirituale contribuisce non poco a favorire la formazione permanente dei sacerdoti. Come scriveva il futuro papa Paolo VI, "la direzione spirituale ha una funzione bellissima e si può dire indispensabile per l'educazione morale e spirituale della gioventù, che voglia interpretare e seguire con assoluta lealtà la vocazione, qualunque essa sia, della propria vita; e conserva sempre importanza benefica per ogni età della vita, quando al lume e alla carità d'un consiglio pio e prudente si chieda la verifica della propria rettitudine ed il conforto al compimento generoso dei propri doveri. È mezzo pedagogico molto delicato, ma di grandissimo valore; è arte pedagogica e psicologica di grave responsabilità in chi la esercita; è esercizio spirituale di umiltà e di fiducia in chi la riceve". "Chi vuole avere la direzione spirituale deve ubbidire con umiltà e con semplicità. Non può andare sempre tutto bene e il sacerdote non può dire sì quando è no; sì sì, no no, sia il vostro parlare. Se volete avere un aiuto spirituale, se volete continuare la direzione spirituale dovete ubbidire al sacerdote, perché in quel momento è Cristo" (11 dicembre 1997). "C'è bisogno, fame del sacerdote, c'è fame d'aiuto. Provate ad andare in mezzo ai giovani, specialmente la sera e troverete tanta miseria, tanto vuoto." (Mess. della Madonna, 16 marzo 1997).

Vocazione e formazione.

La vocazione sacerdotale è un dono di Dio, che costituisce certamente un grande bene per colui che ne è il primo destinatario, ma è anche un dono per l’intera Chiesa, un bene per la sua vita e per la sua missione. La Chiesa, dunque, è chiamata a custodire questo dono, a stimarlo e ad amarlo: essa è responsabile della nascita e della maturazione delle vocazioni sacerdotali. "…la vita del vero sacerdote è dura, è difficile, ma è amore, carità, semplicità, sincerità" (Mess. della Madonna, 22 agosto 1996).

La formazione umana del sacerdote rivela la sua particolare importanza in rapporto ai destinatari della sua missione: proprio perché il suo ministero sia umanamente il più credibile ed accettabile, occorre che il sacerdote plasmi la sua personalità umana in modo da renderla ponte e non ostacolo per gli altri nell’incontro con Gesù Cristo Redentore dell’uomo; è necessario che, sull'esempio di Gesù che "sapeva quello che c'è in ogni uomo", il sacerdote sia capace di conoscere in profondità l’animo umano, di intuire difficoltà e problemi, di facilitare l’incontro e il dialogo, di ottenere fiducia e collaborazione, di esprimere giudizi sereni e oggettivi.

Ogni aspetto della formazione sacerdotale può essere riferito a Maria come alla persona umana che più di ogni altra ha corrisposto alla vocazione di Dio, che si è fatta serva e discepola della Parola sino a concepire nel suo cuore e nella sua carne il Verbo fatto uomo per donarlo all’umanità, che è stata chiamata all'educazione dell’unico ed eterno sacerdote fattosi docile e sottomesso alla sua autorità materna. Con il suo esempio e la sua intercessione, la Vergine Santissima continua a vigilare sullo sviluppo delle vocazioni e della vita sacerdotale nella Chiesa.