Aspettando il Dio Bimbo
Novena del Santo Natale 1998: a cura di S.E. Mons. Claudio Gatti
INTRODUZIONE
"...Sono venuta per la chiusura della novena e ho ascoltato tutte le parole
che ha detto il sacerdote. Egli vi ha fatto conoscere ed amare di più
Maria, Giuseppe e il piccolo Gesù, e ha fatto emergere Elisabetta e Zaccaria,
i personaggi che in questi giorni appaiono di più nel racconto evangelico.
La Mamma vi ringrazia per ciò che avete fatto durante questa santa novena:
preghiere, sacrifici, fioretti e digiuni..." (Lettera di Dio, 23 dicembre
1998).
La novena del santo Natale, in preparazione alla nascita di Gesù, si
sofferma sui protagonisti del racconto evangelico in modo chiaro, preciso e
dettagliato. Dobbiamo vivere questo momento di grazia non come semplici spettatori
di fronte ad una sequenza cinematografica, ma come persone che vivono gli avvenimenti
che vengono descritti.
Attraverso la conoscenza del racconto evangelico possiamo crescere nell'amore
a Gesù Eucaristia e a Maria, Madre dell'Eucaristia.
Questa novena è stata predicata da Don Claudio Gatti in preparazione
del Natale del 1998. I giovani della comunità l'hanno registrata, trascritta,
riveduta e adattata alla versione scritta. Questo notevole impegno è
stato sostenuto dai nostri giovani con amore, sacrificio ed entusiasmo, perché
sono consapevoli che la novena può fare un gran bene spirituale ed avvicinare
a Dio-Bimbo molti fratelli e sorelle. (n.d.r.)
PRIMO GIORNO
"Io sono colui che sono". Questa è la definizione che Dio ha
dato di Se Stesso.
Dall'eternità Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo, Dio Uno e Trino
è stato solo. Questa affermazione fa vacillare la ragione umana, perché
per lei è incomprensibile che un essere non abbia avuto un inizio. Tutti
gli esseri hanno un inizio, Dio no. Dall'eternità Dio esiste e si è
dato gloria. Dio non ha bisogno delle creature, la sua felicità prescinde
da loro, eppure, poiché è amore, ha voluto intervenire e creare
prima gli angeli e poi l'universo e gli uomini. Costoro hanno peccato e Dio
è intervenuto ancora per salvarli.
Nella mente di Dio, il piano di salvezza è sempre stato chiaro, nitido,
perfetto, conosciuto nei dettagli fin dall'eternità.
Però quando questo piano è stato comunicato all'uomo non aveva
contorni nitidi, ma si è chiarito nel tempo e man mano è diventato
sempre più preciso e comprensibile.
Quale motivo ha spinto Dio alla creazione? L'amore. Ma l'uomo, creato da Dio
e dotato dei doni naturali, preternaturali e soprannaturali si è rivoltato
contro il suo creatore, ha peccato di orgoglio e si è allontanato da
Lui.
Lo stesso amore che ha spinto Dio a creare, lo ha spinto nel momento stesso
in cui l'uomo ha peccato ad annunziare il piano di salvezza. Dio, infatti, afferma
nel libro della Genesi : "Io porrò inimicizia tra te e la donna,
tra la tua stirpe e la sua stirpe; questa ti schiaccerà la testa e tu
le insidierai il calcagno." (Gen. 3,15)
La prima Eva è stata sconfitta, ma la seconda ha riportato vittoria,
e la lotta continuerà tra la discendenza del demonio e quella della donna.
Dio dice che la discendenza della donna schiaccerà il capo del demonio;
questo è il primo annuncio del piano di salvezza di Dio.
Abramo, 4.000 anni prima della nascita di Cristo, dalla terra dei Caldei, dalla
città di Ur, è stato invitato da Dio a recarsi verso la terra
che sarà la culla del popolo destinatario della promessa divina. Abramo,
impossibilitato a generare, e sua moglie Sara, anziana e sterile, "avranno
un figlio" (Gen 18,10) secondo la promessa divina.. Tutta la stirpe di
Abramo, è diventata portatrice del piano di salvezza, perché questa
promessa riguardava tutte le 12 tribù di Israele che hanno avuto origine
dai 12 figli di Giacobbe. Il piano di salvezza si è delineato ulteriormente
quando Dio ha annunciato che il Messia sarebbe nato da un discendente della
tribù di Giuda. Dio ha rivolto il suo sguardo sul figlio più piccolo
di Iesse: Davide. Cristo, sia sotto l'aspetto legale, perché secondo
la legge suo padre è Giuseppe, sia sotto quello naturale, perché
è nato da Maria, è di discendenza davidica, poiché Maria
e Giuseppe sono entrambi discendenti del Santo Re. Dio si è servito dei
profeti non solo per rivelarci da quale stirpe sarebbe disceso il Messia, ma
anche per darci dei connotati precisi riguardo la figura del Cristo.
In Isaia il Messia viene presentato come il servo di Javhè, cioè
colui a cui sta a cuore in modo particolare il culto, colui che prende su di
sé i peccati e si espone alla sofferenza per sollevare il mondo dai peccati
e sconfiggere il male. Il Messia avrà una sorte sventurata: verrà
ucciso dal popolo di Israele, lo stesso popolo scelto da Dio e dal quale il
Messia è stato generato. Isaia evidenzia inoltre la natura divina del
Messia: non è un uomo come gli altri, ma è un uomo partecipe della
natura divina ed Ezechiele aggiunge che manifesterà questa sua natura
attraverso una potenza divina.
Leggendo la Bibbia ci accorgiamo che il piano di salvezza man mano che si avvicina
il tempo della realizzazione, è descritto da Dio nei particolari. Il
profeta Daniele, riguardo al regno messianico dice che sarà universale,
supererà gli stretti confini del popolo ebraico, abbraccerà tutto
il mondo e avrà una caratteristica prettamente spirituale.
Perché Dio ha mandato il Messia? Egli ha detto: "Porrò inimicizia
tra te e la donna, tra la tua e la sua discendenza". La prima Eva è
portatrice del peccato, la seconda Eva, Maria, è portatrice della grazia,
in quanto compito del Messia è la remissione dei peccati.
Noi da quale parte di questo piano vogliamo collocarci? Dalla parte di coloro
che hanno ucciso il Messia? Cristo viene ancora ucciso ogni qualvolta l'uomo
pecca e si scaglia contro di Lui. Oppure vogliamo essere nella situazione del
buon ladrone che, cosciente dei suoi peccati, supplica il crocifisso: "Signore,
ricordati di me quando entrerai nel tuo Regno". (Lc 23,42)
Ma esiste una terza possibilità, quella di Giovanni, che fiduciosamente
reclina il capo sul petto del Signore. Anche se siamo stati come Pietro che
ha rinnegato Cristo, dobbiamo arrivare ad essere come Giovanni, colui che ha
visto, creduto. (Gv 20,8) ed ha amato.
Insieme a Giovanni, poiché abbiamo visto e creduto nei miracoli eucaristici,
dobbiamo imparare ad amare e a fare dell'amore il nostro stile, il traguardo
e l'obiettivo di tutta la nostra vita.
SECONDO GIORNO
Nel cap. 16 di San Matteo Gesù chiede ai suoi apostoli: "Voi chi
dite che Io sia?".
Pietro, illuminato da Dio, risponde, a nome di tutti: "Tu sei il Cristo,
il Figlio del Dio vivente". Questo significa che la Seconda Persona della
Santissima Trinità si è incarnata ed è vero Dio e vero
uomo. Nel Vecchio Testamento si parla "di una vergine che diventerà
madre dell'Emanuele che significa Dio con noi" (Is 7,14). Il Signore, per
incarnarsi, ha scelto la via ordinaria: ha avuto i genitori, uno legale, Giuseppe,
perché potesse vivere la situazione normale di ogni essere umano e l'altro
naturale, Maria, "che l'ha concepito e dato alla luce" (Lc 1,16).
I Vangeli non ci forniscono molte notizie né dell'uno, né dell'altro,
ma la rivelazione privata ci racconta ciò che non è contenuto
in quella pubblica, dandoci la possibilità di conoscere meglio questi
due personaggi che nei piani di Dio occupano un posto rilevante.
La genealogia di cui si parla nel primo capitolo di San Matteo termina in questo
modo: Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è
nato Gesù, chiamato il Cristo" (Mt 1,16).
Dalla rivelazione privata sappiamo che Giuseppe è stato preparato da
Dio a diventare lo sposo di Maria, vivendo uno stile di vita in contrasto con
la mentalità e la cultura del suo tempo. Infatti al tempo di Giuseppe
non si comprendeva che un uomo sposato potesse essere casto. Dio, che nei suoi
disegni prepara coloro che sceglie, ha formato Giuseppe a vivere in modo casto
e a fare voto di castità. Il Signore si è manifestato a Giuseppe
sia in modo ordinario, suggerendogli buoni propositi, buoni intendimenti, buoni
pensieri, sia in modo straordinario, attraverso visioni e sogni.
Giuseppe, ha incontrato Maria quando era ancora giovane. Purtroppo la tradizione
lo rappresenta sempre molto vecchio. Questo è avvenuto perché
pittori e scultori sono stati influenzati dai vangeli apocrifi che raccontano
fatti che riguardano il Signore, alcuni dei quali sono realmente avvenuti, altri
no. Questi libri non sono ispirati da Dio e quindi non sono immuni da errore.
In uno di questi libri si racconta che, nel momento in cui la giovane Maria
doveva prendere marito, il sacerdote Zaccaria ha indetto una riunione alla quale
sono stati invitati a partecipare i discendenti maschi di stirpe davidica. Essendosi
fatti avanti molti uomini, il sacerdote ha detto che colui al quale il Signore
avrebbe fatto fiorire il bastone sarebbe diventato sposo di Maria. A Giuseppe,
che secondo i libri apocrifi aveva 90 anni e un figlio di 40, è fiorito
il bastone, così è diventato lo sposo di Maria. Questo ci raccontano
i libri apocrifi, ma la verità è un'altra.
Giuseppe è un uomo di circa 30 anni, bello, giovane, robusto, attraente,
verso il quale sono rivolti gli sguardi di molte fanciulle innamorate e allo
stesso tempo è un uomo umile e semplice. Giuseppe ha vissuto la sua giovinezza
intorno a Gerusalemme.
Tra le notizie riportate dai Vangeli apocrifi ci sono i nomi dei genitori anziani
di Maria, Gioacchino e Anna, nomi che la Madonna ha confermato nella vita che
Lei stessa ha dettato a Marisa. I genitori sono morti quando la figlia aveva
quattro o cinque anni e Maria è stata affidata alla profetessa Anna,
al sacerdote Zaccaria e al vecchio Simeone.
Maria ha trascorso gli anni della sua infanzia e adolescenza nel Tempio, imparando
l'arte del ricamo. Cantava a Dio salmi ed inni; infatti aveva una voce meravigliosa,
come testimonia Marisa che l'ha sentita cantare.
Anche Maria in quegli anni è stata preparata alla missione che Dio ha
voluto affidarle in lunghi colloqui.
Maria e Giuseppe hanno fatto il voto di castità, ma Dio stesso ha messo
nel cuore di questi giovani l'amore. I due si sono incontrati nel Tempio, si
sono piaciuti, hanno sentito un'attrattiva reciproca, gli occhi dell'uno hanno
fissato gli occhi dell'altra. Il cuore di Maria batteva velocemente nel vedere
questo giovane puro e bello e sapeva che Dio voleva che diventasse suo sposo.
Maria e Giuseppe si sono sposati a Gerusalemme. Poi, poiché possedevano
a Nazareth una casetta modesta, si sono recati in quel borgo di pastori e di
contadini, chiuso e ovattato di silenzio perché le strade che mettevano
in comunicazione Gerusalemme e le principali città della Giudea, della
Galilea, della Samaria con l'Oriente erano abbastanza distanti e quindi le carovane
che trasportavano le notizie evitavano il piccolo paese. Eppure in questo paesello
è arrivata la notizia più importante della storia del mondo.
Maria e Giuseppe, dice l'evangelista Matteo, sono fidanzati. Il fidanzamento
ebraico era diverso dal fidanzamento come lo intendiamo noi. I fidanzati erano
considerati dalla legge già marito e moglie, tanto è vero che
se la donna durante il fidanzamento avesse avuto una relazione con un altro
uomo veniva considerata adultera e lapidata e se l'uomo fosse morto, per la
legge del levirato il fratello avrebbe dovuto sposare questa giovane vedova
e i figli nati dal matrimonio sarebbero stati considerati figli del defunto.
Quindi secondo la legge erano considerati marito e moglie, anche se nel primo
anno di matrimonio i due fidanzati non vivevano insieme. Questo avveniva sia
per un motivo economico che psicologico, perché in questo tempo veniva
pagata la dote e le spose, che erano poco più che bambine, e perché
potevano maturare e prepararsi al ruolo di spose ed eventualmente di madri.
Giuseppe ha conosciuto la purezza di Maria, le sue virtù, la sua intima
unione con Dio; Maria ha apprezzato la profondità spirituale di Giuseppe,
ognuno dei due si è reso conto della grandezza spirituale dell'altro.
Maria aveva 14-15 anni, Giuseppe poco più di 30 anni. Si amavano, dialogavano,
pregavano insieme, cantavano insieme, lodavano Dio insieme.
Ogni volta che cantavano i Salmi o leggevano i brani dei profeti che parlano
del Messia, Maria aveva un tuffo al cuore e Giuseppe provava un calore particolare
anche se ancora non sapeva che colei che aveva sposato sarebbe stata la Madre
di Dio.
Maria e Giuseppe si sono preparati a vivere nel nascondimento e nel silenzio
totale l'avvenimento più importante di tutta la storia del mondo.
Certamente Dio quando vedeva queste due creature pregare e scambiarsi affettuosità,
sorrideva e si compiaceva. Nel libro della Genesi è scritto che Dio quando
creò il sole, la terra, il cielo, il mare, gli uccelli, le bestie vide
che aveva fatto cosa buona; questa espressione esprime il gradimento di Dio.
E se Dio ha gradito tutto questo, quanto più ha gradito questi due capolavori
che erano sotto i suoi occhi. Dio Figlio guardava la Madre e il padre putativo
e li amava immensamente.
TERZO GIORNO
Per comprendere meglio il brano dell'evangelista Luca che racconta dell'annunciazione
dell'arcangelo Gabriele a Maria, occorre fare delle premesse. La prima riguarda
l'indicazione del periodo in cui è avvenuta. Sicuramente è avvenuta
nel periodo estivo, poiché Gesù è nato in Primavera . La
seconda premessa consiste nel ricordare che se Dio indica il tempo nel quale
realizza i suoi disegni, non sempre ne precisa il giorno e il mese.
Maria sapeva che doveva diventare la Madre di Dio e probabilmente conosceva
anche l'anno in cui lo sarebbe diventata, ma sicuramente non conosceva né
il giorno né il mese. Luca ci racconta che, al sesto mese della gravidanza
di Elisabetta, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della
Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa
di Davide, chiamato Giuseppe" (Lc 1,26). L'angelo, che già altre
volte si è manifestato a Maria, sapeva di trovarsi di fronte al capolavoro
di Dio, a colei che "è la piena di grazia". L'Angelo ha proseguito
"il Signore è con te", perché il Signore ha dato a Maria,
oltre la pienezza di grazia, tutti i doni naturali, preternaturali e soprannaturali.
"A queste parole ella rimase turbata" (Lc 1,29). Il turbamento può
essere così spiegato: la Madonna è in orazione, consapevole di
diventare la Madre di Dio, dell'uomo della sofferenza, di colui che sarebbe
stato ucciso e che avrebbe con la sua morte redento gli uomini e cancellato
il peccato, ma al saluto dell'angelo, Maria ha provato una profonda emozione.
L'emozione di Maria è stata un'emozione di sofferenza. Maria è
sconvolta perché alla gioia di diventare madre, si è unita la
sofferenza di sapere che suo Figlio sarà calunniato, offeso, ucciso.
Maria si è domandata se questo saluto veniva da Dio . In questo caso
lei stava per diventare madre, ma la spada, come le sarà annunciato dal
vecchio Simeone, le trafiggerà l'anima" (Lc 2,35). Per questo motivo
l'angelo le ha detto "Non temere", che non ha lo stesso significato
del "non temere" che l'angelo ha rivolto a Zaccaria (Lc 1,13). Questi
ha avuto paura di essere di fronte ad un essere soprannaturale, la Madonna invece
è una madre che ha cominciato a soffrire addirittura prima che nel suo
grembo fosse presente il Figlio di Dio e ora è assalita dalla sofferenza
in modo intenso e crudele. L'angelo ha consolato Maria come l'angelo nel Getsemani
consolerà Gesù, perché si sentirà solo, schiacciato,
abbandonato dal Padre. Maria, la corredentrice, non avendo potuto condividere
questa notizia con alcuno, neanche con il suo amato sposo, si è abbandonata
totalmente a Dio. Quando l'angelo ha detto a Maria "Concepirai un figlio"
la Madonna ha domandato "Come è possibile? Non conosco uomo"
(Lc 1,34), cioè "Dal momento che sono casta, vergine e voglio rimanere
tale non intendendo avere rapporti umani". Questa domanda la Madonna l'ha
fatta per noi, non per sé, come Marisa che sa molte cose del futuro della
Chiesa e tante volte fa domande alla Madonna riguardo a questo futuro per noi,
perché anche noi possiamo essere informati su quanto avverrà.
Infatti, come avremmo potuto conoscere il mistero dell'Incarnazione che vede
una vergine diventare madre, se questo evento non ci fosse stato spiegato da
Dio stesso.
La natura ha le sue regole dettate da Dio. Dio è autore della natura,
è creatore, e come ha stabilito le regole così può anche
derogare da esse e abolirle. La Madonna sapeva già che sua cugina Elisabetta,
colei che tutti chiamavano sterile, aspettava un figlio. Maria spesso è
stata in estasi, in contemplazione e in colloquio intimo con Dio. Se Dio comunica
con semplici persone, come Marisa, tanto più ha comunicato con Maria.
Con le Tre Divine Persone Maria ha parlato del Figlio e del Battista, un bimbo
che ha amato particolarmente, perché doveva essere il precursore del
"suo Gesù". La grandezza, l'unicità e i doni meravigliosi
di questa donna sono stati ignorati dal mondo che non ha conosciuto questo capolavoro
di Dio che è vissuto nel nascondimento, nell'umiltà e nel silenzio
e che solo ora comincia ad essere conosciuto. Di fronte a Maria dovremmo restare
in contemplazione per vederne la ricchezza, la pienezza di grazia. L'angelo,
in piedi, ha annunciato il messaggio di Dio e la Madonna in ginocchio ha ascoltato.
Ma nel momento in cui ella dice: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga
di me quello che hai detto" (Lc 1,38), il Verbo si è fatto carne
e l'angelo si è messo in ginocchio perché era davanti a Dio. L'angelo
è stato il primo essere, la prima creatura che ha adorato Dio nel grembo
di Maria, primo tabernacolo eucaristico, e dopo aver adorato, "partì
da lei" (Lc 1,38). L'angelo si allontana da Maria, ma noi ci avviciniamo
e nel grembo di Maria adoriamo Gesù presente in corpo, sangue, anima
e divinità.
QUARTO GIORNO
Giuseppe e Maria erano felici, sereni e gioiosi. Erano poveri e ricchi: poveri
di beni materiali, ricchi di quelli spirituali. Vivono a Nazaret da poco tempo,
quando, nel giorno dell'annunciazione, Maria ha avuto la conferma che Elisabetta,
che tutti sapevano sterile, aveva concepito il figlio da sei mesi.
Ai due giovani così felici, così uniti, l'unica gioia che mancava
era la figliolanza. La Madonna sapeva che, pur rimanendo vergine, sarebbe diventata
madre, sapeva che avrebbe avuto la gioia della maternità. Il grande Giuseppe
invece aveva offerto a Dio la sua castità ed era consapevole che non
sarebbe mai diventato padre. Ecco perché, fra i due, in questo momento
chi soffre di più è proprio Giuseppe che ha rinunciato volontariamente
a ciò che nella mentalità ebraica è considerato un dono
di Dio: la paternità. Infatti, per gli ebrei non avere figli era una
vergogna, perché significava che non godevano della benedizione di Dio.
A Ain-Karim, vicino a Gerusalemme, a 150 Km da Nazaret, vivevano Elisabetta
e Zaccaria, discendenti da Aronne, fratello di Mosè e primo sommo sacerdote.
Non avevano prole.
Elisabetta era sterile ed ambedue erano avanzati in età (Lc 1,7). Per
tutta la loro vita avevano continuamente e incessantemente pregato per avere
un figlio. Giuseppe aveva rinunciato volontariamente alla paternità,
Zaccaria ed Elisabetta invece, hanno pregato, fatto digiuni e sacrifici per
avere un figlio. Hanno chiesto un intervento miracoloso e il Signore è
intervenuto e ha esaudito la loro preghiera.
Zaccaria ha vissuto l'annuncio dell'angelo in modo completamente diverso rispetto
alla Madonna. Maria aveva familiarità con gli angeli, Zaccaria era atterrito
dalle manifestazioni soprannaturali e quando ha visto l'angelo ha avuto realmente
paura; questo era un atteggiamento comune agli ebrei di fronte al soprannaturale.
Zaccaria stava compiendo un ufficio che i sacerdoti compivano una sola volta
nella loro vita: quello di bruciare l'incenso prima del sacrificio cruento degli
animali. Il Signore è intervenuto proprio durante questo rito che era
il momento più solenne della vita sacerdotale. Gabriele ha esortato Zaccaria
a non temere perché la sua preghiera era stata esaudita e sarebbe diventato
padre. Purtroppo costui non ci ha creduto e per questo diventa "muto".
Quando è uscito dal luogo sacro, le persone presenti hanno compreso che
aveva vissuto un'esperienza grandissima. Il Vangelo non va oltre, ma noi sappiamo
dalla rivelazione privata che Zaccaria, emozionato, confuso, turbato, è
andato a casa dalla moglie che già aveva saputo la notizia, anche se
in modo confuso. Elisabetta quando ha visto il marito ha voluto sapere dettagliatamente
l'accaduto e Zaccaria prima con dei gesti e poi per iscritto ha raccontato alla
moglie la sua straordinaria esperienza. Elisabetta ha creduto immediatamente
all'intervento di Dio e ha ricevuto aiuti soprannaturali più forti ed
efficaci. Elisabetta, orante e umile, ha vissuto nel totale nascondimento, perché
questa maternità ha fatto scalpore. Elisabetta non ha potuto condividere
con gli altri la gioia della maternità, perché aveva paura di
vedere sul loro volto il sorriso ironico e quindi è costretta "a
tenersi nascosta durante cinque mesi" (Lc 1,24).
Giovanni sarà grande, non ci sarà nato da donna più grande
di lui, ma la mamma è altrettanto grande, perché ha anticipato
in sé la sofferenza del figlio. Giovanni si scontrerà con una
forte opposizione, verrà perseguitato dai dottori della legge, dai sacerdoti,
dal re Erode che ordinerà di tagliargli la testa. Elisabetta ha incontrato
diffidenza e ironia da parte degli amici e dei parenti, ma il Signore le stava
preparando un altro dono: una giovinetta di 14 anni la raggiungerà presto
per mettersi al suo servizio: Maria di Nazaret.
QUINTO GIORNO
Un lettore poco attento alla lettura del Vangelo potrebbe pensare che dopo l'annunciazione
dell'angelo Gabriele a Maria, tutto sia tornato nella normalità, ma non
è così, perché l'invisibile è diventato visibile.
L'angelo si è allontanato da Maria ed è tornato al Padre, proprio
come fa la Madonna quando al termine delle apparizioni dice: "Ora torno
al Padre". L'angelo nel momento dell'annunciazione e la Madre dell'Eucaristia
nel momento dell'apparizione sono dei messaggeri di Dio ed è quindi giusto
che, una volta espletato il loro compito, devono tornare a Colui che li ha inviati.
L'angelo Gabriele è tornato a Dio, non per riferire ciò che è
avvenuto, perché a Dio nulla è sconosciuto, ma semplicemente perché
è giusto che coloro che ricevono un compito dal Signore, una volta eseguitolo,
tornino da Lui per onorarlo ed adorarlo. Tutto parte da Dio e tutto ritorna
a Dio. Nel momento stesso in cui l'angelo Gabriele è tornato a Dio, una
miriade di angeli ha fatto il suo ingresso sulla Terra. Gli angeli in Paradiso
vedono, godono, inneggiano e adorano Dio, e dal momento che Dio si era fatto
presente, come uomo, nel grembo di Maria, hanno circondato questo tabernacolo
umano e continuato a svolgere lo stesso compito di lode che svolgevano in Paradiso.
Gli angeli hanno inneggiato e adorato il Dio Bimbo prostrati in adorazione davanti
a Lui.
Possiamo fare un parallelo tra l'incarnazione e i miracoli eucaristici, dei
quali siamo stati testimoni. Quando si è verificato un miracolo eucaristico,
l'evento non si è esaurito ad esclusivo beneficio delle persone che vedevano
e adoravano l'Eucaristia, ma ha elargito abbondanti grazie a tutta la Chiesa.
Di conseguenza quando Gesù Eucaristia si è fatto presente in modo
straordinario e miracoloso, ha arricchito spiritualmente tutti gli uomini, anche
coloro che non ne erano a conoscenza.
Nessuno era a conoscenza dell'incarnazione, né i potenti né gli
umili. Neanche il padre putativo, lo sposo di Maria, sapeva che il Figlio di
Dio si era incarnato nel grembo purissimo di sua moglie, eppure tutta la creazione,
che portava su di sé il peso del peccato, ha sentito che la liberazione
stava per iniziare e il male stava per essere sconfitto. Di conseguenza l'incarnazione
ha portato benefici ad ogni popolo, a tutti gli uomini, anche a quelli più
distanti e che vivevano in Paesi ancora non conosciuti, come l'Australia e le
Americhe. L'incarnazione è una potente azione di Dio e come tale ha sprigionato
una quantità enorme, immensa di benefici spirituali.
La prima azione che ha fatto Maria dopo che il Figlio di Dio si è incarnato
nel suo grembo, è stata adorare Dio che era presente in lei. Nella sua
preghiera si sono raccolte tutte le preghiere dei giusti del Vecchio Testamento
che hanno atteso il Messia; tutte le sofferenze dei profeti, degli inviati da
Dio, che hanno subito incomprensioni e sofferenze da parte dei propri fratelli.
Maria in quel momento era come un calice che accoglieva il Figlio di Dio e come
una patena sulla quale si depositavano le preghiere di tutta l'umanità.
Maria rappresentava tutti gli uomini, era l'essere umano più gradito
a Dio e univa in sé Dio e le preghiere di tutti gli uomini. Maria quindi
si è raccolta in profonda preghiera e dal suo cuore è uscito un
grido di ringraziamento e di accettazione dei disegni di Dio.
Era giusto che Maria non dicesse nulla a Giuseppe? No, secondo la logica umana,
sì, secondo la volontà di Dio. Anche Giuseppe doveva collaborare
ai disegni di salvezza e dare il suo contributo alla redenzione, non perché
Dio ne avesse bisogno, ma perché Giuseppe era un'anima eletta, era un
giusto, era una creatura amata particolarmente da Dio, era uno che ha vissuto
nell'unione, nell'abbandono più totale a Dio; per questo il Signore ha
voluto che lo sposo di Maria e padre putativo di Gesù offrisse il suo
contributo di sofferenza.
Quando questa coppia fortunata si univa nella preghiera dei salmi, nella lettura
delle profezie messianiche, nel cuore della Madre di Dio si sprigionava un fuoco
d'amore verso il Messia e Giuseppe vedeva Maria rapita in estasi, che aveva
uno sguardo e un atteggiamento celestiale, ma non chiedeva mai nulla, non faceva
domande.
Maria, come dice Luca, custodiva tutto nel suo cuore e riferiva al suo amato
sposo solo ciò che Dio voleva. Il primo tabernacolo eucaristico ha vissuto
per alcuni mesi nel più totale silenzio e ha conservato gelosamente questo
grande segreto. Dio unisce, è fonte di amore, e i due sposi sono stati
sempre più uniti; hanno formato veramente un solo cuore e una sola anima.
Anche noi possiamo unirci a Maria nell'attesa della nascita del Figlio. La Madonna
ci invita a recitare questa giaculatoria: Gesù bambino, Dio d'amore,
vieni a nascere nel mio cuore e ci ha detto: "Aspettate il Bimbo Gesù
che viene ancora a voi, accoglietelo nel vostro cuore, cullatelo, fate in modo
che senta il vostro amore per Lui, per tutta la Chiesa".
SESTO GIORNO
Raccontiamo ora la visita di Maria ad Elisabetta. La Madonna è incinta
del Messia, per opera dello Spirito Santo, e la cugina Elisabetta è incinta
del precursore del Messia per un miracoloso intervento del Signore "perché
Elisabetta era sterile ed ambedue (i coniugi) erano avanzati in età".
(Lc 1,7)
Il rapporto tra il Messia e il suo precursore è stato un rapporto intimo
e particolare. Il precursore, nei disegni divini, doveva essere santificato
nel grembo della madre, tramite un intervento di Dio. Anche un semplice atto
della volontà di Dio poteva essere sufficiente per santificare Giovanni;
ma nei piani divini era stabilito che fosse il Messia, con la sua presenza,
a santificare il precursore. Maria, per ispirazione divina, ha compreso che
doveva recarsi dalla anziana cugina per compiere la volontà di Dio. Poiché
è stata sempre docile e obbediente alla divina volontà, ha manifestato
ancora una volta la sua docilità a Dio. È sposata da pochi mesi,
si è trasferita a Nazaret da poco tempo, ma è pronta ad affrontare
un nuovo scomodo viaggio, pericoloso e incerto. Giuseppe non ha ostacolato il
desiderio che la giovane sposa gli ha manifestato. Non conosceva ancora l'opera
dello Spirito Santo nel grembo di Maria e pensava che la decisione di andare
a Aim Kanim, distante 150 Km da Nazaret, fosse un atto dettato dall'amore, dallo
spirito di servizio e dall'affetto particolare della sua sposa nei riguardi
di una donna non più giovane. Giuseppe è stato felice di unirsi
a quest'atto d'amore e ha deciso di partire con Maria. A causa di questo viaggio
la Madonna ha subito critiche severe da parte di amici e parenti che hanno premuto
su Giuseppe per impedirlo. In questa opposizione dobbiamo riconoscere anche
una macchinazione diabolica. Il demonio è intelligente e riesce a comprendere
meglio degli uomini i disegni di Dio e quindi fa di tutto per opporvisi. Ma
la docilità, la dolcezza e la fermezza di Maria sono state veramente
un baluardo contro cui sono andate ad infrangersi tutte le opposizioni mosse
da parenti ed amici.
La giovane coppia è partita. Per fare un viaggio così lungo, a
quei tempi, occorrevano circa sei o sette giorni. Durante questo lungo viaggio
i giovani sposi hanno pregato moltissimo e cantato per farsi compagnia e tenersi
desti. La voce bellissima della giovane donna si intrecciava con quella potente
dello sposo e tutti e due lodavano Dio. Il loro era un canto meraviglioso che
risuonava per le strade spesso deserte. Anche gli angeli si sono uniti ai due
sposi e hanno cantato, dando ininterrottamente gloria a Dio Figlio, presente
nel grembo di Maria
Questo viaggio è stato la prima processione eucaristica: Gesù
non era esposto in un ostensorio, ma era presente nel grembo verginale della
Madre dell'Eucaristia.
Giuseppe non sapeva che con loro c'era il Figlio di Dio, ma sentiva qualcosa
nel suo cuore, una gioia indicibile, incomprensibile e dalla presenza reale
divina riceveva forza, coraggio e sostegno.
Durante il cammino i coniugi hanno parlato sicuramente del Messia. Giuseppe
era uno dei pochi ebrei che conservava inalterato il concetto spirituale di
Messia e pregava ininterrottamente perché colui che doveva liberare il
popolo dai peccati venisse quanto prima. Questa situazione ci fa conoscere un
Giuseppe più simpatico, reale, vivo, spontaneo e contemporaneamente anche
forte. È stato un viaggio pieno di disagi perché non c'erano alberghi
o ristoranti. Hanno mangiato pane, probabilmente qualche dattero, hanno bevuto
acqua, niente carne o pesce, perché non era possibile portare con sé
questi rifornimenti. Nonostante ciò erano felici, perché stavano
facendo la volontà di Dio.
Quando i due sposi hanno raggiunto Ain-Karim e sono entrati nella casa di Zaccaria,
Elisabetta è andata loro incontro ed ha esclamato: "Benedetta sei
tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo. A che debbo che la madre
del mio Signore venga a me?" (Lc 1,42-43). Questo Elisabetta non l'ha detto
davanti a tutti, perché "il grande mistero" non può
e non deve essere ancora manifestato. Oltre Maria, per il momento alla sola
Elisabetta è dato conoscere che il Messia è incarnato nel suo
grembo; Giuseppe ne è ancora all'oscuro.
Certamente in casa di Zaccaria c'erano anche altre persone con le quali, secondo
l'usanza ebraica, Maria e Giuseppe si sono scambiati i saluti. La giovane coppia
si è congratulata con gli anziani parenti, Elisabetta e Zaccaria, dell'imminente
nascita del figlio. Poi con discrezione e riservatezza, Maria ed Elisabetta
si sono isolate in un'altra stanza e si sono fatte reciprocamente delle confidenze.
SETTIMO GIORNO
Il colloquio tra le due donne è avvenuto in modo riservato, perché
se qualcuno avesse sentito ciò che Elisabetta ha pronunciato certamente
avrebbe compreso che nel grembo di Maria era presente il Messia. Nei disegni
di Dio questo mistero doveva ancora essere celato e rivelato solo a colei che
ha prescelto come madre del precursore del Messia. Certamente il discorso tra
le due donne non si è esaurito con l'esclamazione di Elisabetta e la
risposta di Maria che ha cantato l'inno all'amore: il Magnificat , perché
esse hanno iniziato una conversazione che si è protratta per i tre mesi
durante i quali Maria è rimasta a "servizio" dell'anziana cugina.
Giuseppe, per motivi di lavoro, ha dovuto lasciare la sua giovane sposa e tornare
a Nazaret. Possiamo immaginare la sofferenza dell'uno e dell'altra, ma entrambi
hanno accettato volentieri ciò che Dio ha chiesto. Maria e Giuseppe,
nella manifestazione degli affetti, si sono comportati come una comune coppia.
La sposa sull'uscio di casa ha seguito con lo sguardo la figura del marito,
finché non è scomparsa. Il marito ogni tanto si è girato
indietro e ha accennato un saluto. Con sofferenza nel cuore e versando, probabilmente,
qualche lacrima, segno di un amore forte e sincero, Giuseppe è tornato
a Nazaret. Prima di partire comunque ha chiesto a Zaccaria la benedizione, perché
il sacerdote è un intermediario tra Dio e gli uomini e uno dei compiti
del sacerdote è benedire. Giuseppe si è inchinato umilmente davanti
al rappresentante di Dio che ha invocato la benedizione divina su questo giovane
che ritornava al suo paese.
Maria ed Elisabetta hanno parlato tra di loro dei propri figli. Maria ha mostrato
un amore particolare verso il bimbo ancora nel grembo di sua cugina e lo ha
manifestato in tutti i modi servendo la madre e accarezzandole il grembo, gesto
ricambiato da Elisabetta nei suoi riguardi. Hanno pregato moltissimo insieme
per i propri figli e per la loro missione. Erano preghiere materne, affettuose;
le due erano come due lampade che ardevano davanti a Dio.
Maria ha compiuto il suo servizio con umiltà, non ha preteso un ruolo
importante, non ha rivendicato una posizione privilegiata perché Madre
di Dio, ma ha riservato a sé stessa il compito di serva di Dio e della
cugina Elisabetta. Poiché si è definita serva di Dio si è
sentita anche serva del prossimo.
Alla nascita di Giovanni Battista, la casa di Zaccaria che è sempre rimasta
avvolta nel silenzio, nella discrezione, nel riserbo si è riempita di
confusione, perché parenti, amici e conoscenti hanno sgomitato per occupare
"i primi posti". Maria si è defilata, ma sapeva benissimo che
questo bimbo doveva essere chiamato Giovanni, mentre i parenti "volevano
chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria" (Lc 1,59).
Maria non è intervenuta nelle dispute e nelle discussioni, ha vissuto
il suo ruolo nell'umiltà e questo ci deve essere di profondo insegnamento.
Lei è stata presente alla nascita di Giovanni Battista. Giovanni Battista
è stato santificato, in lui la colpa del peccato è stata cancellata
dalla presenza e dall'azione divina del Figlio di Dio, presente nel grembo di
Maria. Questo bimbo è nato già redento, in quanto a lui sono stati
applicati in anticipo i meriti della redenzione. Elisabetta, come madre, per
prima ha abbracciato e baciato Giovanni, in questo Maria ha evidenziato una
volta in più la sua umiltà; non ha preteso precedenze e solo dopo
Elisabetta ha dimostrato il suo affetto verso questo bambino.
Maria, ultimato il suo servizio, ha atteso il ritorno di Giuseppe. Prima di
partire per Nazaret, ha chiesto anche lei la benedizione al sacerdote Zaccaria.
In Maria era notevole la sofferenza del distacco da questo bimbo che ha amato
in modo particolare. La Madonna ha stretto per l'ultima volta al cuore il precursore
del Figlio, l'ha baciato, accarezzato e, come farà con il suo Gesù,
l'ha innalzato verso Dio Padre.
OTTAVO GIORNO
La giovane coppia, tornata da Ain-Karim, ha ripreso la sua vita ordinaria a
Nazaret.
Giuseppe condivideva con la sua amata sposa la giornata. Insieme pregavano,
recitavano salmi ed inni, leggevano la Parola di Dio. Passavano i mesi e Giuseppe
si rendeva conto che la sua amata sposa cominciava a dare i segni di una maternità
incipiente. Egli è stato lacerato tra l'amore alla sua sposa e il rispetto
alla legge. Giuseppe ha ricevuto dei doni da Dio per cui può capire dove
c'è il bene e il male. Era consapevole che Maria era un tesoro di grazie
ed era sicuro che non aveva commesso un peccato di adulterio, ma non riusciva
a darsi una spiegazione. Ha constatato un evento per lui inspiegabile, ma non
ha voluto accusare sua moglie di adulterio; però esisteva una legge che
andava rispettata. Era sicuro di non essere il padre del nascituro, ma era certo
di avere una moglie santa; per questo ha cercato di metterla al riparo da giudizi
negativi e pesanti e ha deciso di scriverle il libello del ripudio; non per
lavarsi le mani, ma per un grande atto di rispetto verso Maria.
Giuseppe di fronte a questo fatto non ha aggredito la sposa, non ha posto domande,
non ha chiesto spiegazioni, ma ha pregato e sofferto. La sua anima era lacerata,
i suoi occhi vedevano qualcosa di inspiegabile, ma il suo cuore gli imponeva
di continuare a rispettare la sua amata sposa. Tutto questo facava star male
Giuseppe. Questa atroce sofferenza è stata voluta da Dio, perché
san Giuseppe potesse dare un contributo all'opera di salvezza. È stato
un modo bellissimo, grandissimo con cui il Figlio di Dio, figlio naturale di
Maria, ha chiesto al suo padre legale di collaborare, di dare il suo contributo,
anche se non cosciente, all'opera della salvezza. Giuseppe sapeva benissimo
che doveva venire il Messia, ma non sapeva che la sua sposa era la madre del
Messia né che egli sarebbe diventato il padre legale del Messia. Ecco
perché, a parer mio, non si dovrebbe parlare tanto di dubbio di san Giuseppe,
ma della sofferenza e della lacerazione di questo grande santo che è
stata compresa da Maria che si è resa conto che il suo amato sposo stava
soffrendo moltissimo. Queste due creature che si amavano profondamente, hanno
continuato a pregare insieme, si guardavano negli occhi e soffrivano.
Giuseppe, ha avuto da Dio dei doni particolari. Anch'egli ha avuto comunicazione
con Dio attraverso quelle esperienze che gli evangelisti hanno chiamato sogni,
ma che in realtà erano visioni interiori, attraverso le quali Dio comunicava
la Sua volontà a colui che aveva scelto come sposo della Madre del Suo
divin Figlio. Gli è apparso in sogno un angelo del Signore e gli ha detto:
"Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa,
perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa
partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà
il suo popolo dai suoi peccati" (Mt 1,20-21). L'angelo ha ripetuto a Giuseppe
ciò che aveva detto a Zaccaria e a Maria: "Non temere". Giuseppe
ha saputo che il Signore gli aveva dato in moglie una donna eccezionale che
era diventata Madre di Dio e non si è sentito degno e capace del compito
affidato. Ha pensato di non farcela e si è domandato: "Chi sono
io, perché l'occhio di Dio si è posato sulla mia persona?".
Ma quando il Signore chiama, dà gli aiuti necessari alle persone chiamate
per svolgere la missione affidata. Anche a noi il Signore ha rivolto molte volte
l'esortazione "Non temere, piccolo gregge, perché io ho vinto il
mondo, non temere piccolo gregge, perché io ho sconfitto il male, perché
io ho donato i sacramenti, la mia grazia, soprattutto ho donato l'Eucaristia,
non temere, piccolo gregge, perché ci sarà il trionfo dell'Eucaristia,
della verità e il tuo trionfo".
Rispondiamo come Giuseppe e abbandonandoci a Dio; questa è l'unica risposta.
Dio si serve, questo è il suo stile, delle persone umili per confondere
i superbi. Gesù ha amato il nascondimento, è nato ed è
risorto nel silenzio. Quando ci sentiamo abbattuti, schiacciati, stanchi e sentiamo
di non farcela, eleviamo gli occhi al Cielo e gridiamo il Padre Nostro. Questa
preghiera ci darà quella pace che desideriamo, quella tranquillità
che invochiamo e quella serenità che deve spingerci a lavorare con più
impegno e più coraggio.
NONO GIORNO
I due sposi che non hanno mai perso la fiducia nel Signore né peccato
contro la virtù dell'abbandono, hanno ritrovato una completa e serena
armonia. Trascorrevano giorni molto belli, che vedevano una donna felice che
stava per dare alla luce un figlio e un uomo che mostrava quotidianamente gioia,
perché a lui il Signore ha riservato il grande compito di essere il padre
putativo del Messia. I due giovani sposi pregavano molto e parlavano in continuazione
del Messia, anche se Giuseppe non conosceva esattamente quando sarebbe nato
Gesù. Non era curioso, né voleva fare domande indiscrete, gli
era sufficiente sapere che Maria sarebbe diventata la madre del Messia. Solo
lei conosceva il momento della nascita del Figlio di Dio.
Nei due sposi la gioia aumentava ogni giorno che passava, perché erano
sempre uniti al Signore. La stessa gioia dovrebbe essere presente in noi ogni
giorno quando ci accostiamo all'Eucaristia o quando ci avviciniamo al tabernacolo
per manifestare la nostra fede nella presenza reale di Gesù.
Questo giovane uomo mentre lavorava distante dalla moglie e dal Figlio di Dio
che era nel suo grembo, ha avuto sempre il pensiero fisso verso di loro e ogni
volta che usciva di casa e ogni volta che vi rientrava, si prostrava in adorazione
davanti a Maria perché sapeva che nel suo grembo c'era Dio. Ha custodito
gelosamente questo segreto, perché non era ancora il momento della manifestazione
pubblica.
Maria sapeva che il Dio bimbo doveva nascere a Betlemme. Giuseppe invece, pensava
che il bimbo sarebbe nato a Nazaret e ha preparato la culla al piccolo Gesù,
che purtroppo non verrà utilizzata.
Infatti, com'è stato profetizzato da Michea, il Dio bimbo doveva nascere
a Betlemme. Questa profezia si è realizzata grazie all'editto dell'imperatore
Augusto. Costui era un imperatore orgoglioso e un ottimo amministratore e voleva
sapere quanti erano i sudditi. L'editto ha coinvolto anche il regno d'Israele,
il cui re non godeva di autonomia completa, perché era come un vassallo
nei riguardi dell'imperatore. Tutti dovevano quindi andare ad iscriversi nel
paese d'origine, come prescriveva l'editto imperiale.
Maria e Giuseppe erano di discendenza davidica e dovevano recarsi a Betlemme,
culla della casa di Davide. L'obbligo riguardava solo il capo famiglia, non
la sposa, e Giuseppe si sentiva nuovamente lacerato tra la sofferenza del distacco
dalla moglie e il rischio di farle affrontare un faticoso viaggio, tanto più
che Maria era vicina al parto. Dio è intervenuto di nuovo ed ha ispirato
Giuseppe di portare con sé la sposa. Maria era felice di accompagnare
Giuseppe, perché vedeva che i disegni di Dio si stavano realizzando.
Invece i parenti hanno manifestato di nuovo una forte opposizioni contro Giuseppe.
L'hanno accusato di essere un marito insensibile e irresponsabile. I due coniugi,
come era nel loro stile, hanno tacciuto, pregato e sono partiti. Questa volta
il viaggio era diverso da quello che avevano fatto quando erano andati da Zaccaria
ed Elisabetta. I due sposi sapevano chi era con loro, hanno gioito, cantato,
pregato e contemplato il mistero dell'incarnazione. Infatti hanno conversato,
dialogato e si sono abbandonati ai disegni del Padre. Maria ha dialogato anche
con suo Figlio e Giuseppe non ha partecipato a questi dialoghi tra madre e figlio
Il viaggio è durato cinque o sei giorni. È stato molto differente
dai pellegrinaggi che dovrebbero essere momenti di preghiera e invece si trasformano
spesso in occasione di divertimento e d'evasione. Il periodo in cui è
avvenuto il viaggio non è stato quello invernale, come molti pensano,
ma quello primaverile, periodo più favorevole per far spostare milioni
di persone.
I due sposi sono arrivati a Betlemme. Bisogna sfatare un'altra legenda che vede
Maria e Giuseppe bussare e chiedere ospitalità in diverse case. Le case
ebraiche erano formate ordinariamente da un'unica stanza che di giorno era sala
da pranzo e cucina, e di notte si trasformava in stanza da letto. Nella stessa
stanza quindi c'era una promiscuità che vedeva uomini e donne dormire
insieme sdraiati su delle semplici stuoie. Giuseppe, così delicato e
premuroso, non poteva scegliere questa soluzione che impediva la riservatezza.
Il vangelo non dice niente a riguardo di questo, ma solo che "non c'era
luogo e spazio per loro nel caravanserraglio" (cfr.Lc 2,7), che non era
un albergo a cinque stelle, ma un recinto con un portico che si estendeva per
quattro lati e nel cui centro si ammassavano gli animali; sotto il portico dormivano
le persone nella più totale promiscuità.
Betlemme non aveva montagne, come molti pensano, ma semplici altipiani dove
c'erano delle grotte che venivano usate per accogliere pastori e animali. Trovata
una grotta libera, ma sporca, il giovane sposo l'ha ripulita e resa il luogo
più degno possibile per accogliere la Madre di Dio. I due sposi si sono
messi in profonda preghiera e Giuseppe, sempre ispirato da Dio, ha capito che
doveva distaccarsi momentaneamente dalla moglie e mettersi da una parte. Questo
era uno di quei momenti che lui conosceva bene e nei quali si faceva sempre
da parte, perché sapeva che Maria colloquiava con Dio. Questo momento
particolare di forte e intima unione con Dio ha introdotto l'evento più
atteso della storia. Per nove mesi Maria ha portato nel suo grembo il Dio Bimbo
che, al momento della nascita, è entrato nel mondo e diviso la storia
in due parti: Vecchio e Nuovo Testamento. Maria descrive così la nascita
del Figlio: "Come un raggio di luce passa attraverso un cristallo purissimo
senza infrangerlo, così mio Figlio è passato attraverso il mio
grembo verginale".
CONCLUSIONE
Il brano di Isaia (Is 9,1-3.5-6) ha un chiaro significato messianico. Isaia
fa riferimento alla realtà storica che vede il popolo ebraico, o meglio
la tribù di Giuda, oppressa dal pericolo d'invasione di un popolo nemico.
I nemici sono potenti e il piccolo regno di Giuda non può fronteggiare
questo pericolo; si sente già oppresso e vinto e Dio manda il profeta
Isaia a rincuorare questo popolo.
Si deve partire da questo evento storico per arrivare all'evento che ha diviso
tutta la storia in due parti: Vecchio e Nuovo Testamento. Come il popolo ebreo
si trova immerso nella preoccupazione e nell'angoscia e scampa il pericolo imminente
del nemico, così l'uomo si trova immerso nel peccato che è sconfitto
dalla Seconda Persona della Santissima Trinità. Dice san Paolo nella
lettera ai Filippesi: "...Cristo Gesù, pur essendo di natura divina,
non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò
sé stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini..."
(Fil 2, 6-7). Infatti Gesù ha volontariamente rinunciato ai suoi attributi
divini ed è apparso simile a gli uomini, fuorché nel peccato.
Così il Dio bimbo nasce per noi. È un piccolo essere umano, una
creatura apparentemente debole sulle cui spalle, però come dice Isaia,
è il segno della sovranità. Egli è il consigliere ammirabile,
il Dio potente, il Padre per sempre, il principe della pace. Tutti questi attributi
appartengono alla natura divina di Colui che attraverso la sua sofferenza e
la sua morte rende tutti figli di Dio.
Evidenziamo ora la grande generosità di Maria. Solo in un primo momento
riserva le proprie attenzioni per il figlio appena nato e lo accoglie con un
tenero abbraccio. In un secondo momento offre Gesù ai semplici pastori
e quest'offerta continua nel tempo e si rinnova ogni volta che viene celebrata
la santa Messa. È Maria che offre il corpo e il sangue del Figlio per
alimentare l'anima e fermentare l'interno delle persone. Questo pane e vino
eucaristici sono la carne e il sangue di Maria.
Maria è la radice dell'Eucaristia, non ci può essere la nascita
di Cristo senza la presenza di Maria, non può esserci l'Eucaristia senza
la Madre dell'Eucaristia.
Maria infatti forma un binomio inscindibile con suo Figlio, non si può
amare Maria escludendo Gesù né amare Gesù prescindendo
da Maria. Come l'Eucarestia trasformata a forma di conchiglia ha versato sangue
che ha custodito e protetto, come perla preziosa, così Maria, con il
suo sì ha donato il suo grembo per custodire e proteggere il Dio Bimbo,
accettando totalmente la volontà di Dio Padre.