Omelia del 2 Aprile 2006
V Domenica di Quaresima (Anno B)
I Lettura: Ger 31, 31-34; Salmo 50; II Lettura: Eb 5, 7-9; Vangelo: Gv 12, 20-33
Oggi ascolterete nuovamente quanto ho più volte affermato e quindi non è nuovo per voi: amo in modo particolare il Cristo quando soffre, è turbato e si sente solo; questi sono i momenti in cui lo sento più vicino a me. Non posso sentirlo vicino mentre compie grandi miracoli, mentre rivolge la Sua parola divina alle folle, mentre guarisce, mentre si trasfigura davanti agli Apostoli, né tanto meno quando viene innalzato sulla croce o ascende al Cielo con la potenza divina, di cui è partecipe in quanto Figlio di Dio e Dio stesso.
Mi affascinano in modo particolare le prime parole del brano della lettera del nostro caro San Paolo scritta agli ebrei e un versetto contenuto nel Vangelo di Giovanni che oggi avete sentito di nuovo. “Cristo”, questo dice Paolo, “nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito” (Eb 5,7). Ecco, questo è il Cristo che vedo davanti a me come modello e anche voi dovete vederlo così, il Cristo al quale ciascuno di noi può ispirarsi, per avere la forza di superare le proprie prove e le proprie sofferenze.
Questi versetti mi hanno aperto la mente e il cuore ad alcune riflessioni: quando Paolo afferma “nei giorni della sua vita terrena”, non si riferisce solo a qualche ora prima di morire nel Getsemani, cioè quando Cristo inflisse a se stesso la prova di sentirsi abbandonato da Dio e privato del suo amore paterno. Credo che oggi, sorretti dalla Sacra Scrittura interpretata e compresa alla luce divina dello Spirito Santo, possiamo affermare per la prima volta che questa prova dolorosissima, questa sofferenza inaudita in cui Cristo si è sentito solo e abbandonato anche dal Padre, l’abbia vissuta anche molte altre volte e non solo all’inizio della sua passione.
Inoltre dobbiamo, per correttezza, fare un’aggiunta e dare una spiegazione. Il Cristo, durante la sua vita terrena e quindi anche quando era nel silenzio di Nazareth, ha vissuto questa prova dolorosa dell’abbandono, perché era la sua volontà. In quei momenti Cristo si è sentito talmente solo che non ha neanche sentito l’amore della Mamma, perché ha voluto privarsi anche di quello.
Ecco il Cristo che geme, che soffre, che innalza con voce potente quel lamento che non è stato pronunciato solo sulla croce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato”, ma che ha ripetuto tante volte durante la sua esistenza terrena. A chi si rivolgeva? A colui che poteva liberarlo dalla morte. Cristo sapeva a cosa sarebbe andato incontro. Allora è opportuno fare un’altra riflessione: Cristo ha anche vissuto in anticipo le sofferenze della passione, non l’ha vissuta soltanto nel momento descritto dai Vangeli, ma anche prima. La violenta passione, la flagellazione, l’incoronazione di spine, la faticosa e dolorosa salita al calvario, l’elevazione sulla croce dove è stato inchiodato con quei chiodi che gli hanno perforato la carne, lasciando illese le ossa, per rispettare la profezia di Isaia, ebbene, tutto questo il Cristo l’ha vissuto anche durante la sua vita terrena.
Ma vi rendete conto adesso cosa il Signore ci fa capire lentamente e in che modo ci sta aprendo il suo cuore? Nelle lettere di Dio, tempo fa, Gesù aveva detto che quest’anno avrebbe dettato la sua vita al sottoscritto e tutto questo che vi sto dicendo fa parte della sua vita.
Nel Vangelo abbiamo tutto ciò che ci serve, ma tanti particolari, tante altre notizie sono taciute, probabilmente ignorate anche da coloro che lo hanno scritto. Adesso, a distanza di secoli, il Signore apre il suo cuore, fa le sue confidenze e ci rivela che ha sofferto molto di più di quanto noi potessimo immaginare, ci svela che ha sofferto moltissimo per ciascuno di noi e per tutti quanti messi insieme.
“Per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito”; ma cosa significa che fu esaudito? Gesù supplicava di essere liberato ed è stato esaudito? Questo lo abbiamo imparato dalla Madonna: chiedete a Dio, aprite il vostro cuore a Dio, bussate al suo amore, ma terminate sempre con: “Padre mio, sia fatta non la mia, ma la tua volontà”. La Madonna ci ha insegnato questo comportamento, perché questo lei ha imparato da suo figlio e lei per prima si è comportata così. E’ nel Getsemani che Cristo dirà: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Però non la mia volontà, ma la tua sia fatta” (Lc 22,44), e la gioia del figlio è esaudire, soddisfare la volontà del Padre.
Questo è incomprensibile secondo la logica umana, ma secondo la logica divina diventa chiaro ed è una spinta per noi a comportarci nello stesso modo. Che il Signore abbia sofferto anche durante la sua vita terrena ne abbiamo conferma sempre dalla parola di Dio; infatti, nel brano del Vangelo di oggi, il Cristo sta svolgendo la sua vita pubblica ed è ancora lontano l’inizio della passione, eppure dice: “Ora l’anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora!” (Gv 12,27). Turbata da cosa? Dalla sua perfetta conoscenza di uomo della croce, di ciò che avrebbe dovuto soffrire. Quindi quel turbamento significa sofferenza, significa anticipo della passione, significa: “Io sto soffrendo, sto soffrendo terribilmente”. Non so se gli Apostoli, ai quali erano rivolte queste parole, abbiano compreso fino in fondo ciò che voleva dire il Signore, ma d’altra parte non l’abbiamo compreso neanche noi, non l’ho compreso neanche io se non dopo decenni di vita sacerdotale. Gesù dice: “L’anima mia è turbata”, cioè sta soffrendo in modo indicibile, ebbene, pur soffrendo, sarebbe logico dire “Padre, salvami da quest’ora, impediscimi di soffrire”. Invece Gesù dice: “Ma per questo sono giunto a quest’ora!” cioè “Io sono venuto per soffrire”, ma per soffrire non soltanto durante le ultime ore della sua vita terrena, ma anche in altri momenti.
Ecco, oggi abbiamo alzato un pochino un velo, abbiamo letto nel cuore del Cristo, perché Egli ha voluto che noi scoprissimo ciò che ha veramente vissuto e sofferto. Voi ricorderete che vi ho detto molte volte che la Parola di Dio, anche tra migliaia di anni, provocherà sempre nuovi stimoli e impulsi per conoscere altre verità e insegnamenti. Questa è la conferma di quanto vi ho detto molte volte.
E qual è il desiderio del Cristo uomo-Dio? È la glorificazione del Padre. E qual è il concetto di glorificazione del Padre? Che il Figlio esaudisca, rispetti la sua volontà salendo sulla croce; solo allora Cristo attirerà a sé tutti. Ma se ci guardiamo attorno, quante sono le persone che sono veramente oggi attirate dal Cristo? Se non sono molto numerose non dipende dal Cristo, dipende dall’uomo che rifiuta di obbedire.
Così come Adamo ha rifiutato di obbedire, come gli angeli hanno rifiutato di obbedire e sono diventati demoni, anche gli uomini hanno la possibilità di scegliere il Sì di Maria o il No di Adamo; il Sì di Maria è salvezza, è spinta ad essere uniti a Dio. Al momento dell’Annunciazione anche la Madonna è stata turbata: “Ella fu turbata a queste parole” (Lc 1,29) e si ripete sempre questo termine, perché la Madonna vive dentro di sé le sofferenze che il Figlio avrebbe vissuto, non solo durante le ore della passione, ma anche durante le giornate silenziose di Nazareth e le giornate più tumultuose della vita pubblica.
Ecco, questo il Signore ci ha donato, questo ci ha fatto capire. Allora avvicinandoci al giovedì e al venerdì santo, giorni molto vicini sul calendario, ma che devono essere molto più vicini nel nostro cuore, dovete ricordare questo e ringraziare il Signore che ci ha amato talmente tanto da rendere ignoto per secoli l’intensità, la drammaticità del suo amore, quasi per non impressionare gli uomini; questo è il vero motivo. Chi si avvicina a Lui gode le sue confidenze.
Noi ci siamo avvicinati perché, nonostante le nostre debolezze, nonostante le nostre mancanze di cui ha parlato anche oggi la Madonna, lo sforzo c’è da parte della maggioranza di noi. Allora è giusto che conosciamo Cristo, per poterlo amare sempre di più, senza trincerarci dietro i soliti luoghi comuni, ma conoscere la verità così com’è, in tutta l’intensità della drammaticità della sua sofferenza.
Il Cristo ci ha amato fino al punto che noi ignoriamo la sua sofferenza e non riusciamo a comprenderne l’intensità. Mi viene in mente Giovanni Paolo II, che oggi durante l’apparizione la Madonna ha detto che le era vicino. L’ultima immagine che ho di lui è quella del Venerdì Santo, quando ha stretto la croce. Quello che ha detto al Signore lo sa solo lui, ma il gesto è stato estremamente eloquente. La croce purtroppo oggi viene usata come ornamento sul petto di molte persone, ma la croce deve entrare soprattutto nel cuore. Quindi nelle vostre case deve troneggiare la croce, ad essa dovete riferirvi; seguite l’esempio di san Giuseppe che, quando entrava nella casa di Nazareth, andava prima ad adorare Gesù nella culla che aveva fabbricato con le sue mani e poi andava a salutare la moglie.
Entrando nelle vostre case, andate prima a baciare il crocifisso e, se potete, fermatevi qualche istante davanti ad esso, poi immergetevi nei vostri lavori domestici e nelle vostre attività familiari. Prima di tutto ci sia Cristo, il Cristo sulla croce, perché questo è il trono che egli predilige e preferisce. La croce è il suo trono e da lì non vuole essere schiodato, perché solo sulla croce continuerà ad attirare tutti gli uomini e tra costoro speriamo che ci sia ciascuno di noi e tutti noi insieme, a gloria di Dio e per la salvezza delle anime.
Sia lodato Gesù Cristo.