Omelia del 4 Febbraio 2006
I Lettura: Gb 7,1-4. 6-7, Sal 146, II Lettura: 1Cor 9,16-19. 22-23, Vangelo: Mc 1, 29-39
I brani presi da Paolo e dal Vangelo di Marco devono essere intrinsecamente e intimamente uniti e vedrete che, dalla lettura dell’uno e dell’altro, emerge qualcosa di estremamente importante che, ancora oggi, conserva la sua profonda attualità in tutta la Chiesa. Probabilmente, e iniziamo dal brano del Vangelo, finora è stata messa in evidenza esclusivamente l’attività taumaturgica del Signore. Della guarigione miracolosa della suocera di Pietro ne erano venuti a conoscenza molte persone, tanto che parenti e amici di molti malati ed indemoniati portano i loro cari da Gesù per guarirli. Gesù viene incontro alle necessità, alle sofferenze e ai tormenti di queste persone guarendole e cacciando i demoni. I demoni cercano di rompere quel silenzio messianico che Gesù ha imposto a Sé Stesso e agli apostoli. Il silenzio messianico consiste nel fatto che i tempi ancora non erano maturi affinché Cristo si presentasse come Figlio di Dio. Per la mentalità ebraica sarà proprio questa affermazione la causa della condanna di Gesù da parte dei sommi sacerdoti e del sinedrio. Questa affermazione era, infatti, incomprensibile, addirittura era considerata una bestemmia. Ebbene, i demoni si manifestano e dicono: “Tu sei Figlio di Dio”, ma attenzione, non per un atto di omaggio verso Cristo ma per confondere le persone e metterle contro di Lui. Questa, infatti, non va vista come una affermazione positiva per cui anche il demonio riconosce Gesù come Figlio di Dio, ma come un tentativo intelligente e diabolico di creare confusione intorno al Cristo. Se Cristo avesse acconsentito e permesso a questi demoni di continuare ad affermare “Tu sei Figlio di Dio”, anche i discepoli, che erano appena all’inizio della loro formazione, avrebbero avuto difficoltà a capire, si sarebbero confusi.
Tanti malati vengono guariti, ma non è su questo aspetto che io intendo fermare la mia e la vostra attenzione, ma su ciò che avviene il giorno seguente alle molteplici guarigioni miracolose operate dal Signore. Un’altra persona, al posto di Cristo, cosa avrebbe fatto? Ormai la sua fama di grande taumaturgo era assodata e intorno a Lui si era unita una moltitudine di persone e molte altre si sarebbero aggiunte a queste, qualora Egli avesse continuato la sua opera taumaturgica. Il Signore, invece, si sottrae a questo abbraccio affettuoso ma un po’ interessato; da questo noi sacerdoti, che abbiamo la missione e il mandato di annunciare il Vangelo, dobbiamo prendere con umiltà e gratitudine l’esempio. Gesù è Dio, può fare miracoli ad ogni occasione e tutte le volte che la Sua volontà lo decide. Nessuna malattia può trovarsi nella condizione di non poter essere debellata da parte del Signore. Gesù può fare tutto ma vuol farci comprendere che, più della guarigione fisica e della liberazione dai demoni, quello che conta è la predicazione. Infatti Gesù dice: “Io devo predicare anche altrove”. È questa la missione del Cristo: predicazione e redenzione. Abbiamo sempre detto che la redenzione consiste nella passione, morte e resurrezione perché questo è il sacrifico eucaristico, ma a questo dobbiamo ora aggiungere la predicazione. Non ci può essere redenzione, sacrificio eucaristico e comunione se non c’è la predicazione. È questo ciò che il Signore ha voluto evidenziare e che, spesso, noi sacerdoti nelle nostre omelie abbiamo messo da parte perché ci soffermiamo su ciò che colpisce di più l’intelligenza, la sensibilità e la fantasia delle persone. Guardate anche alla nostra esperienza e confrontatela con altre dove, come è accaduto in questo luogo taumaturgico, ci sono state delle manifestazioni della presenza e dell’azione di Dio. Qui il Signore, direttamente e attraverso Sua Madre, ha parlato moltissimo ed è questo che ha dato fastidio. Noi abbiamo riempito volumi e volumi di messaggi in cui la SS. Trinità, la Madre dell’Eucaristia, gli Apostoli, San Giuseppe ed altri santi hanno parlato. Questa è la parola che Dio continua a dare agli uomini, non per supplire ai suoi insegnamenti ma per far accettare e comprendere ciò che gli uomini ancora non hanno capito, compresi coloro che stanno in alto. Ad esempio, noi sappiamo quanto Gesù e Maria siano stati sempre fortemente uniti e non è possibile pensare che il Figlio abbia dimenticato la Madre; la Madre del Verbo e l’Eucaristia sono stati sempre intimamente uniti da amore e da rispetto.
Ma ritorniamo al punto centrale: il Signore ci fa comprendere che il suo compito è quello di predicare. Tra la predicazione e la guarigione, è la prima che deve avere la prevalenza, tra annuncio e miracolo, è l’annuncio della Parola che deve avere la precedenza. Noi, purtroppo, abbiamo disorientato i cristiani, avendo posto l’attenzione e l’accento sui miracoli, perché attraggono. Un cuore che si apre alla parola di Dio e che è trasformato da essa non è notato mentre una persona malata che poi guarisce colpisce di più; per Dio è più importante che una persona si apra alla sua Parola piuttosto che riacquisti la salute grazie al suo intervento. La Parola serve per la vita eterna mentre la salute serve per la vita terrena ma, quest’ultima, è limitata come importanza al ciclo della vita naturale.
Colui che, tra tutti, è stato più vicino a Cristo, pur non avendolo incontrato durante la sua vita terrena, è Paolo. Ed ecco che Paolo, in questo brano, tiene presente ciò che ha detto Cristo: “È necessario che io predichi altrove”, e si pone come colui che ha l’impellente dovere di predicare. Non è una gloria predicare ma un dovere di ogni sacerdote, vescovo e dello stesso Papa che dovrebbero sempre annunciare il Vangelo e la parola di Dio. Prima di fare discorsi astratti o di contenuti troppo terreni, il vero sacerdote ha l’impellente dovere, perché questo viene evidenziato dalla parola di Dio, di predicare e annunciare il Vangelo. Questo viene fatto da tutti coloro che sono veramente uniti a Dio.
Nessuno può accusarci di non dare alla Parola di Dio la giusta importanza: gli incontri biblici, le catechesi e le omelie sono sempre alimentati e basati sulla parola di Dio, sono rare le citazioni al di fuori della Sacra Scrittura. Ho il dovere di predicare, guai a me se non predicassi il Vangelo! Perché tutto ciò non è vissuto veramente dai sacerdoti? Se ogni sacerdote l’avesse fatto, la situazione nella Chiesa sarebbe diversa. È triste dover riconoscere che, ancora oggi, persone colte, secondo la cultura umana, sono profondamente ignoranti secondo la formazione cristiana. Ricordo, ed è stata per me un’esperienza dolorosa e negativa, che, quando in quei momenti in cui l’attenzione pubblica si è focalizzata su questo luogo, i molti giornalisti di varie testate venuti per ottenere un’intervista, vivevano nell’ignoranza. Parlavo e non capivano, descrivevo gli avvenimenti ed erano incapaci di scrivere tant’è vero che, più di una volta, ho detto: “Scusatemi, ma perché non mandano persone con cui è possibile parlare?”; pur andando a volte in Chiesa e continuando a frequentarla non sapevano quasi nulla.
La cosa bella che Paolo evidenzia è che io, in quanto sacerdote e vescovo, devo predicare e da questo non mi debbo aspettare una ricompensa perché è un mio dovere in quanto Cristo mi ha chiamato e mi ha dato quest’incarico e, poiché non è una mia iniziativa, non posso pretendere una ricompensa di nessun genere.
Ora fermiamoci un istante e parliamo di coloro a cui viene annunciata la Parola di Dio. Voi, ormai, avete una certa preparazione e, quindi, riuscite a seguirmi anche con una certa facilità, ma sia per voi, per rinnovare l’impegno, sia per altri a cui rivolgete l’invito a conoscere Cristo, cosa potete dire, cosa potete fare? Ascoltare con attenzione, con rispetto e in silenzio il Vangelo. Quante volte la Madre dell’Eucaristia ci ha invitati a leggerlo, perché lì troviamo tutto. Avviene, invece, che leggiamo di tutto, a volte anche riviste sciocche, ma è raro trovare persone che, nell’intimità della propria casa o nel silenzio della Chiesa, abbiano in mano il Vangelo e lo leggano. Capisco che possano trovare difficoltà, possano trovarsi in condizione di non comprendere, ma i sacerdoti cosa ci stanno a fare? Qualora voi andaste e rifiutassero di aiutarvi, potete citare esattamente questo brano di Paolo ai Corinzi ed affermare che è loro dovere annunciare e far conoscere la Parola di Dio; ma questo non lo fa nessuno, per motivi di comodità e per motivi di disimpegno. Sappiate che, se finora abbiamo evidenziato i doveri di chi annuncia, ora stiamo parlando dei doveri di chi ascolta. Voi avete il dovere di essere informati e di essere messi nella condizione di conoscere la Parola di Dio nel modo più adeguato. Qualora i sacerdoti non lo facessero, voi avete il diritto, nei loro riguardi, di fare la cosiddetta correzione fraterna. È suo dovere e se non lo fa Dio gli chiederà conto per avere rifiutato di compiere un suo preciso compito. Se poi, nonostante tutto (non parlo di voi che frequentate un luogo dove la parola di Dio è amata e rispettata), altri che non si trovano nella vostra stessa situazione e condizione, pur chiedendo e denunciando, dovessero trovare le loro richieste inascoltate, invitateli a leggere ugualmente la parola di Dio. Quando non c’è l’aiuto umano, il Signore, se vuole, può intervenire direttamente e far comprendere ciò che si sta leggendo del Vangelo. Oggi, avete sentito ricordare quel momento e quella esperienza meravigliosa sul Giordano. Ecco, così fa Gesù: vi prende sottobraccio, pone il suo braccio sulle vostre spalle (perché Lui è alto, bello, imponente), vi stringe a Sé, vi fa quasi sentire il palpito del suo cuore e vi parla. Ecco, questo è ciò che dovete pensare. Sta a voi rannicchiarvi tra le Sue braccia, guardarLo negli occhi, ascoltare la Sua Parola che è la stessa che Egli ha pronunciato duemila anni fa e che è perenne, eterna e valida fino alla fine dei tempi. Amate la Parola, amate la Scrittura, amate il Vangelo, conoscetelo, mettetelo in pratica e soltanto allora potrete affermare: “Io sono veramente un discepolo del Cristo”. Quando si conosce Cristo lo si ama, se non si conosce non si ama. Ma ricordatevi che come l’amore è inesauribile nella sua ascesa continua, ugualmente la conoscenza del Signore è continua. Io posso dire che, oggi, conosco Cristo meglio dell’anno scorso e l’anno prossimo, a Dio piacendo, Lo conoscerò più di oggi. La conoscenza del Signore, anche attraverso la lettura della Scrittura, aumenta e si qualifica nel tempo, nella successione, nella cadenza del tempo quando c’è amore, unione a Lui e assistenza dello Spirito Santo.
Questo è il caloroso consiglio che vi offro, la forte raccomandazione che vi faccio perché in questo consiste la nostra vita, il nostro stile: conoscere Cristo per arrivare ad amarLo, arrivare a conoscerLo come Parola e poterlo così amare come Eucaristia.
Sia lodato Gesù Cristo.