Omelia del 6 gennaio 2008
I lettura: Is 60,1-6; Salmo 71; II lettura: Ef 3,2-3.5-6; Vangelo: Mt 2,1-12
Nella liturgia di oggi il concetto che ricorre più frequentemente è la manifestazione della gloria di Dio. Gli avvenimenti raccontati, però, da un punto di vista umano, non emanano luce né gloria. Se cominciamo a guardare la realtà circostante con gli occhi di Dio, vedremo, anche se solo in parte, ciò che i Suoi occhi divini vedono. Quando è nato Gesù il mondo si è riempito di tale luce e gioia, di un tale canto celestiale che nessun uomo potente del tempo ha potuto avvertire; quando Cristo è stato battezzato da Giovanni nel Giordano il cielo si è aperto, il Padre si è manifestato ma nessuno ha sentito la Sua voce né ha visto quello che avveniva, tranne Giovanni Battista; durante la Trasfigurazione, quando Gesù ha manifestato, anche se in parte, la Sua divinità, solo tre persone hanno potuto assistere alla gloria di Dio; nel momento della Resurrezione soltanto coloro che erano uniti a Dio, e prima fra tutti la Madonna, hanno goduto della gloria di quell’evento. Al contrario, il Gesù sofferente, maltrattato, perseguitato, condannato e ucciso è stato visto da molte persone.
Questa, miei cari, è la logica di Dio e noi possiamo rifiutarla o accettarla: se l’accettiamo vediamo la realtà con i Suoi occhi, se la rifiutiamo vedremo ciò che ci circonda e le opere di Dio con gli occhi dei Suoi nemici, vale a dire, senza comprendere ciò che Dio ha operato, opera e opererà nel mondo per dimostrare che Lui l’ha creato ed è padrone assoluto e protagonista di tutta la storia umana. Basterebbe questo per comprendere la differenza tra coloro che sono con Dio e coloro che, invece, pur dichiarando a parole di servirlo, seguono e difendono soltanto i propri interessi, la propria gloria umana, la propria potenza e ricchezza. A costoro non sarà permesso assistere, anche al momento opportuno, alla gloria e alla bellezza del Paradiso né alla piena e totale manifestazione della gloria di Dio, come, invece, avverrà per noi e questo è ciò che vi auguro perché vi voglio bene.
Adesso cerchiamo di leggere in questa ottica quanto la parola di Dio ci dice: “Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te. Cammineranno le genti alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio. Allora guarderai e sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore, perché l’abbondanza del mare si riverserà su di te, verrà a te la ricchezza delle genti. Uno stuolo di cammelli ti invaderà, dromedari di Màdian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore”. (Is 60,1-6)
Mi rendo conto che, ascoltando il primo brano della Sacra Scrittura di oggi, forse qualcuno di voi ha pensato che vi fossero espressioni iperboliche, esagerate che non descrivevano veramente la realtà. Miei cari, ci siamo sbagliati, perché se pensiamo questo non vediamo la realtà con gli occhi di Dio. È logico che, in questo caso, Isaia si riferisca ad un evento storico gestito interamente da Dio. Sarebbe stato impossibile per un popolo debole, succube, vinto e dominato tornare dall’esilio e riprendere possesso di Gerusalemme se Dio non fosse intervenuto. Il ritorno del popolo ebraico a Gerusalemme è un’opera e un intervento divino e nessuno l’ha capito, tranne coloro che sono stati capaci di leggere gli eventi e di vederli con gli occhi di Dio. Il profeta, colui che sa e percepisce che si tratta di un’iniziativa di Dio, irrompe e prorompe in grida di gioia e di esultanza; ciò che viene narrato non è un’esagerazione ma è un’esatta descrizione degli eventi che osserva scorrere e passare. Il profeta parla di gloria e afferma quanto noi, poi, abbiamo letto in chiave cristologica e cristiana. Isaia annuncia un evento storico che vede Gerusalemme al centro della storia. La Gerusalemme devastata tornerà a emanare una luce particolare e questa guiderà prima i suoi figli, vale a dire gli abitanti delle altre regioni della Galilea e della Giudea, poi attirerà a sé tutti gli altri popoli i quali porteranno in dono, e come ossequio, le proprie ricchezze.
Anche se certamente Isaia non ha saputo leggere con gli occhi del futuro, si tratta dell’annuncio che la salvezza di Dio non è prerogativa di un unico popolo, ma è un dono esteso a tutti. È lo stesso concetto espresso da Paolo quando, rivolgendosi agli Efesini dice: “Per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero”. Paolo precisa che questo mistero, rimasto incompreso fino a quel momento, ora è in grado di chiarirlo per “rivelazione”, quindi per intervento divino, non umano. Qui Paolo manifesta l’origine del proprio mandato, del proprio apostolato che non deriva da un’autorità umana ma risale direttamente ad un intervento, un’azione e una manifestazione del soprannaturale: “Ho ricevuto la conoscenza del mistero proprio per intervento di Dio”. Il mistero fino ad allora taciuto è che la salvezza va verso ogni popolo, ogni uomo, indipendentemente dall’appartenenza a una religione, a una nazione o ad una cultura. Paolo afferma che questo mistero fino ad allora non è stato conosciuto da nessuno, tranne che dagli apostoli, ed egli era tra costoro, e dai profeti. L’apostolo, però, non si riferisce ai profeti del Vecchio Testamento, ma a quelli del Nuovo; sarebbe una contraddizione dire “nessuno l’ha conosciuto” e poi sostenere che è stato conosciuto dai profeti del Vecchio Testamento:
“Fratelli, penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore: per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero. Esso non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo”. (Ef 3,2-3.5-6)
I profeti del Nuovo Testamento sono coloro che hanno ricevuto da Dio una luce particolare ed i carismi necessari per manifestare e realizzare alcuni disegni di salvezza. I Magi sono i primi profeti del cristianesimo. Ora capite perché sono venuti da lontano affrontando molte difficoltà; sapevano esattamente chi fosse nato, infatti hanno chiesto dove si trovasse “il Re dei giudei”. I Magi non si sono lasciati influenzare dalle apparenze: una grotta, una donna giovane, un uomo onesto ma povero. Queste apparenze hanno, invece, condizionato gli sgherri del re Erode che non hanno capito niente. Erode chiama a sé i dotti, i cultori della parola di Dio e rivolge loro la stessa domanda che i Magi avevano rivolto a lui e questi gli rispondono, ripetendo la profezia di Michea, che il condottiero doveva nascere a Betlemme. Anche costoro non hanno capito niente, solo Erode ha temuto fortemente di essere spodestato e ha concepito la strage degli innocenti.
Adesso però analizziamo solamente l’esperienza dei Magi nella quale vediamo compiersi una grande opera, un grande intervento di Dio. Ci meraviglia che persone giunte da così lontano e che non fanno parte del popolo ebraico siano i primi testimoni dell’Incarnazione e della venuta nel mondo del Figlio di Dio. Il Suo popolo aveva in custodia la promessa e le profezie, ma solo una piccola parte di esso, costituita dai più poveri ed umili, ha saputo, per intervento divino, cosa fosse avvenuto: una vergine aveva dato alla luce il Figlio di Dio. La festa che oggi celebriamo è grande, infatti è l’annuncio che quest’opera di Dio non sarà esclusiva, sarà la più importante ma non l’unica nella storia della Chiesa. Noi siamo stati testimoni di qualcosa di simile. Giovedì prossimo, 10 gennaio, celebreremo il sesto anniversario dell’annuncio del trionfo dell’Eucaristia. In un mondo che si era appiattito su posizioni protestanti e si stava allontanando dalla vera fede per quanto riguarda il mistero eucaristico, Dio è intervenuto di nuovo e, attraverso i profeti che Egli ha suscitato e scelto, si è realizzato ciò che era umanamente impossibile e oggi questo evento fa parte del contesto, della storia e della situazione della Chiesa. Erode cercò di distruggere quel bimbo che tanto lo spaventava, ma non vi riuscì. Coloro ai quali Dio ha affidato la missione del trionfo dell’Eucaristia sono stati oggetto di persecuzioni, di condanne e anche di attentati, ma nulla è riuscito perché Dio l’ha impedito. È sempre Dio il protagonista. Gli uomini possono soccombere, ma Dio è Onnipotente e schiaccia i soprusi e la potenza umana, anche se chiede tanta sofferenza, come è avvenuto la scorsa notte, a coloro a cui ha dato compiti e missioni. Noi oggi celebriamo il trionfo dell’Eucaristia e l’amore verso l’Eucaristia, su cui attualmente tutti scrivono e parlano desiderando appropriarsi di meriti che non hanno. Ma Dio ha già detto di chi sono i meriti di questo trionfo e voi ne siete al corrente. Oggi l’Eucaristia ha trionfato e il mistero dell’Incarnazione, Passione, Morte e Resurrezione del Cristo è più compreso, accettato ed amato. Non a caso l’annuncio del trionfo dell’Eucaristia avviene nell’ottavario che segue la festa dell’Epifania: sei gennaio, dieci gennaio. Pensavamo che fosse una coincidenza, ma Dio ha un Suo piano che noi comprendiamo poco alla volta. Era giusto che la data fosse il dieci perché è in prossimità dell’Epifania e come l’Epifania ha manifestato al mondo la presenza del Cristo nella storia ugualmente il 10 gennaio 2002 Dio ha manifestato al mondo il trionfo dell’Eucaristia. Col tempo tutto si ricompone, tutto diventa chiaro e ciò che fino a ieri mi sfuggiva oggi, invece, è palese: vi sto parlando di un altro mistero di Dio. Sono stato chiamato con Marisa a svelare il mistero di Dio, sconosciuto per secoli e che si è realizzato e manifestato solo quando Dio ha voluto. Da oggi fino al giorno 10, pensiamo, meditiamo e gioiamo di questo perché anche noi siamo coloro che tornano e che vanno verso il luogo taumaturgico voluto da Dio, da dove è partita la luce. Come sono andati a Gerusalemme prima i giudei, gli ebrei e successivamente tutti i popoli, anche verso questo luogo, e verso ciò che rappresenta, stanno andando milioni di uomini che diventeranno sempre più numerosi. Costoro vedendo la luce partecipano della luce, perché vedono la gloria di Dio irradiarsi da questo luogo taumaturgico e riempire, illuminare e vincere tutte le tenebre del mondo. La luce risplende, la gioia dilaga e l’azione di Dio diventa visibile e oggetto di gioia e di meraviglia. Vi autorizzo a battere le mani, ogni tanto ci vuole, serve a me e a Marisa per tirarci su il morale perché a volte crolla, ma anche a voi perché a volte anche il vostro morale crolla. E ora c’è l’annuncio del giorno di Pasqua.