Omelia di S.E. Mons. Claudio Gatti del 6 settembre 2008
Sabato della XXII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
"In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore"". (Lc 1,39-45)
Ho scelto il Vangelo appena letto in quanto l’introduzione del brano richiama la vostra esperienza di oggi e avete fatto un viaggio verso la montagna (Pellegrinaggio al luogo taumaturgico a Fonte San Lorenzo N.d.R.). Alcuni sono venuti da vicino, altri da lontano, ma tutti animati dagli stessi sentimenti: incontrare la Madre dell’eucaristia, che noi chiamiamo Mamma e Colui che noi chiamiamo Papà, cioè Dio.
Questo pellegrinaggio ha un valore particolare, non solo nella nostra vita o nella storia della nostra comunità, ma per tutta la Chiesa. Il motivo è quello che vi ho indicato questa mattina: l’intenzione per la quale da oggi in poi, ciascuno di voi, presenti e assenti, dovrà pregare in modo generoso e disponibile per portarla avanti, è la conversione dei giovani.
La richiesta di Dio riguarda l’universalità del pianeta giovanile, i giovani di tutto il mondo, non solo quelli che voi conoscete. Qualcuno di voi potrà dire: "Come facciamo, come è possibile?". Nello stesso modo in cui l’arcangelo Gabriele ha risposto a Maria, risponde anche a voi: "A Dio nulla è impossibile".
Dio può fare a meno di me e di ciascuno di voi, ma ci ha chiamati a questo compito che è tra i più difficili, se non il più difficile, di tutti quelli che attualmente premono nella realtà ecclesiale: i giovani; essi rappresentano il cuore di Gesù. Qualche Papa li ha chiamati "le mie pupille" ma, onestamente, dobbiamo dire che questo cuore dà segni di cedimento e queste pupille cominciano a non vedere bene. Alcune persone, che hanno solo l’interesse di far apparire positivo anche ciò che non lo è, dipingono i giovani come persone mature, responsabili, meravigliose e alcuni lo sono realmente, ma vorremmo che lo fossero tutti. Non possiamo accontentarci di una parte perché siamo cattolici e tutto ciò spiega l’espressione 'universale'. A noi devono interessare i giovani di tutto il mondo, anche quelli delle zone più lontane, perché tutti sono figli di Dio e quindi nostri fratelli. Dobbiamo gioire di incontrarli un giorno in Paradiso, come ora dobbiamo soffrire al pensiero che molti di loro, purtroppo, non lo raggiungeranno e queste affermazioni non sono mie. Quando la Madonna, il 20 Luglio, ha chiesto a nome di Dio a Marisa, di portare avanti quest'ultima missione, io ho tremato, perché conosco la situazione dei giovani.
Da quando sono sacerdote, in seguito anche Vescovo, mi sono sempre interessato dei giovani e la conoscenza delle problematiche giovanili mi deriva da due fonti: dal mondo e da Dio. Alcuni di voi avranno letto ultimamente sui giornali o riviste specializzate in problematiche giovanili, statistiche catastrofiche e tremende. La droga, l’alcol e il sesso imperversano in modo spietato tra i giovani. La Madre dell’eucaristia ha anche detto di chi è la colpa, chi sono i responsabili di questa situazione indicando due soggetti: noi sacerdoti ed i genitori. Che cosa si dà oggi ai giovani? Si tenta di dare il benessere materiale, ma nessuno si preoccupa della loro anima, o di aiutarli a coltivare le virtù e ad estirpare i difetti. Chi si preoccupa di intervenire se viene notata in un giovane una situazione morale illecita e problematica? Noi sacerdoti non interveniamo perché temiamo di perdere i giovani, questo è il problema. Ci hanno detto che se siamo giustamente severi, i giovani si allontanano dalle parrocchie. Voi avete conosciuto la severità di Cristo, allora perché non seguirlo?
La responsabilità, però, non risiede tanto nel non intervenire quando sbagliano, quanto piuttosto nel fare la cosiddetta educazione preventiva: bisogna iniziare da quando sono piccoli ad educarli, prima attraverso l’esempio, poi con la parola e, in seguito, tramite i gesti fatti con autorità. l’ignorante è esposto a più errori di colui che conosce la realtà e la situazione, nel campo civile è come in quello religioso. Bisognerebbe intraprendere una campagna di sensibilizzazione, chiedere ai sacerdoti che sappiano e debbano essere educatori ben formati loro per primi, in modo da poter poi formare gli altri. Non è assolutamente possibile impartire insegnamenti se prima non li mettiamo noi in pratica. Anche per i genitori vale lo stesso discorso.
Noi abbiamo cercato di formare le nostre coppie ad un senso di responsabilità, di coscienza illuminata, di capacità di interventi. Credo, perché Dio ne ha dato atto, che gli sforzi fatti abbiano raggiunto il loro scopo, ed oggi l'ha ripetuto, sia riferendosi ai giovani che alle "perle" (le persone anziane). Vi rendete conto? Vi ha chiamato perle e questo sta a significare che, se da parte nostra c'è stato l’impegno nella formazione, dalla vostra c'è stata disponibilità ad accogliere e ricevere i consigli, i suggerimenti e anche i rimproveri, che non sono stati risparmiati.
La conversione dei giovani è una missione difficile ed è stata accompagnata, da quando è iniziata, da tante preghiere da parte nostra, da tante sofferenze soprattutto da parte di Marisa e anche da parte mia; sofferenze di ogni genere: fisiche, morali e soprannaturali. Purtroppo tutte queste sofferenze, accompagnate anche dalle preghiere di quelli che tra voi gradualmente venivano a conoscenza di questa missione, hanno prodotto soltanto diecimila conversioni. Vi posso assicurare che la sofferenza è stata tremenda. In un colloquio che Dio mi ha permesso di avere con Lui, ho chiesto: "Mio Dio, è possibile che sia così difficile convertire i giovani?" Mi ha risposto: "È difficile quanto convertire i sacerdoti che si trovano in peccato". Per me è stato un colpo molto duro. Mi sono anche detto: "A questa poveretta non sarebbe sufficiente la vita di Matusalemme per riuscire a portare a Dio un numero consistente di conversioni giovanili". Qui subentrate voi.
Oggi ufficialmente, se lo volete, siete chiamati da Dio ad unirvi alla Veggente e al Vescovo in questa missione, che continuerà anche quando la nostra sorella volerà verso il Paradiso. Noi, voi, i vostri figli, i vostri nipoti, dovranno continuare perché ci sarà sempre bisogno di soffrire, pregare ed immolarsi per i giovani, che sono la struttura della Chiesa. Una Chiesa che non ha giovani è una Chiesa che crolla, una Chiesa che ha giovani è una Chiesa che resiste al tempo.
Noi possiamo dire che, in mezzo a gioie e dolori, a vittorie e a sconfitte, a presenze ed abbandoni, abbiamo dato molto per la formazione dei giovani. Oggi questi due giovani faranno la loro promessa. Rido perché due mesi fa, credetemi, era impossibile solo pensare quello che è sotto i vostri occhi, ma Dio supera ogni ostacolo ed interviene. Dopo tanti anni posso dire di aver imparato qualcosa nei rapporti con Dio ed una delle esperienze è questa: non meravigliarsi di niente. Ciò che sembra impossibile a noi diventa in poco tempo possibile e realizzabile, quello che, invece, a noi sembra tanto facile non lo raggiungiamo mai perché se non c'è l’aiuto di Dio non possiamo andare avanti.
Ora è il vostro momento. Anche in questa situazione dell’amore giovanile noi, per insegnamento venuto dall’alto, pensiamo e riflettiamo con una mentalità diversa da quella comune dei giovani. Nelle nostre coppie, sia quelle sposate che quelle che si devono sposare, non deve mai interessare la parola innamoramento ma la parola amore. l’innamoramento è un sentimento, un'emozione superficiale che può durare finché durano le cause che l'hanno prodotto: la simpatia, la bellezza, la ricchezza, la salute. Ma tutte queste cose con il passare del tempo diminuiscono.
Ai signori presenti un pochino più attempati dico di guardare come eravate diversi trenta o quarant'anni fa quando vi siete sposati e paragonatevi ad ora: dovete sopportare gli uni i malanni degli altri e se non ci fosse stato amore sarebbe avvenuto ciò che tante volte, purtroppo, si sente: ha lasciato la moglie perché sta male, ha lasciato il marito perché invecchiato e via dicendo. Questo si chiama amore? No. Ecco perché quello a cui voi e gli altri che vi hanno preceduti dovete mirare, è il rapporto d'amore, l’amore che ha Dio come fonte. Noi abbiamo bisogno di mantenere i contatti con Lui, non possiamo amare se non siamo uniti a Dio, non possiamo amare se non siamo in grazia di Dio e se non ci nutriamo dell’eucaristia. Se riceviamo da Dio saremo pronti a dare agli altri ciò che riceviamo. Quindi nei vostri discorsi ci sia sempre e solo la parola "Ti amo" e non "Mi sono innamorato di te".
l’amore è tutto, è la virtù che ci porta in Paradiso. Io dico "Amo Dio" non "Mi innamoro di Dio". Dio dice a me "Ti amo", non mi dice "Mi sono innamorato di te". Nel nostro vocabolario ci deve essere solamente la parola amore. Affinché l’amore sia forte nutritevi sempre dell’eucaristia, l’amore incarnato, l’amore fatto uomo, l’amore in croce, l’amore di purificazione. Siate uniti nella grazia. Avete mai sentito qualcuno dire in occasione del matrimonio: "Dovete essere uniti dalla grazia"? Se uno dei due coniugi non dovesse essere in grazia, l’unione verrà meno. Ricordate l’immagine di Gesù riguardo la vite e i tralci? I tralci per dar frutto devono essere uniti alla vite, voi siete i tralci e Gesù la vite: se uno di voi è staccato da Gesù che frutto dà? Si secca e non serve ad altro che ad alimentare il fuoco. È questa la fine che volete fare? Se sarete buoni sposi sarete buoni genitori, se sarete cattivi sposi sarete cattivi genitori.
Amore significa volere il bene degli altri non il proprio bene, non pensare in prima persona, lavorare e, se necessario, soffrire perché l’altro sia felice. Se per far raggiungere la felicità al marito, alla moglie o ai figli è necessario un sacrificio da parte propria, bisogna essere pronti e disposto a farlo. È difficile? Sì.
La Madonna e San Giuseppe sono vissuti amandosi, cercandosi, guardandosi negli occhi. Maria e Giuseppe sono l’esempio a cui tutti dobbiamo mirare.
Se, durante la giornata, dovesse esserci qualche scintilla, perché la vita è dura, monotona, piena di preoccupazioni, di amarezze e di tensioni, per cui i nervosismi vengono scaricati contro la persona più vicina, guai a voi se andate a dormire senza aver fatto prima pace. È così bello dire: "Tesoro, scusami, ero nervoso, o ero nervosa" questo è il vero amore, vi date un bel bacio e ve ne andate a letto. La famiglia in questo modo va avanti tranquilla, serena e gioiosa.
Auguro a tutti i presenti di rinverdire il proprio matrimonio e di alimentarlo con l’amore di cui vi ho parlato. Ora, se non vi dispiace, alzatevi e benediciamo gli anelli.