Omelia del 8 Marzo 2007
Non era previsto che parlassi oggi e credo che questa sera mi possano essere applicate le parole di Gesù, quando disse: “Ho compassione di questa folla”, frase pronunciata dopo aver parlato per tanto tempo alle persone ed essersi accorto che avevano fame. Vi ringrazio perché siete venuti anche in un orario scomodo per voi e, se da una parte è stato favorito il gruppo dei lavoratori, dall’altra forse è stato sfavorito il gruppo delle casalinghe o dei casalinghi. Voglio ringraziarvi di questo e quindi non posso non rivolgermi a voi. Vi ringrazio soprattutto perché la vostra non è una presenza formale ma affettuosa, e so che state pregando ininterrottamente il Signore per il Vescovo e la Veggente, durante questo anniversario della mia ordinazione sacerdotale che, purtroppo e fino ad ora, è ancora sofferto.
È il quarantatreesimo anniversario della mia ordinazione sacerdotale, sono passati tanti anni, ed è il trentaquattresimo anniversario dall’inizio della missione. Sono passati tanti anni, una vita intera direi. Oggi, nitidamente nella mia mente, sono tornate le immagini dell’8 marzo 1963: ho visto me stesso nella piccola cappella dedicata alla Madonna della Fiducia, dove ho passato buona parte di quella giornata, in preghiera davanti a Gesù e alla Madonna; non c’erano più omelie, prediche o esercizi spirituali, ma ognuno ha gestito la vigilia della sua ordinazione come ha creduto. Io l’ho passata pregando per il mio sacerdozio e ho chiesto al Signore che mi concedesse il dono di non tradirlo mai. Con semplicità, posso affermare di non aver mai tradito Dio e questo è un conforto, perché ho visto esaudita la mia preghiera; non è successo a causa della mia forza, ma grazie alla Sua. Oggi, ai ricordi così lontani, si sono unite sensazioni della giornata odierna, molto dolorosa e sofferta; non sono riuscito a trattenere le lacrime, ma le ho condivise con la Madonna, perché la Madre dell’Eucaristia era con noi. Non ha detto una parola, ha pianto sempre, voleva condividere così il suo dolore materno con il nostro dolore filiale, il mio e quello di Marisa. Sì, è vero, siamo arrivati ad un punto in cui candidamente diciamo al Signore: “Non ce la facciamo più, basta, siamo stanchi, Signore” e la preghiera: “Abbi pietà”, quella preghiera che voi recitate, riflette in pieno la nostra situazione. “Attaccati all’Eucaristia” mi ha detto Gesù e, nei momenti della prova e della sofferenza, lo abbiamo fatto e certamente questa forza, anche se molte volte non è stata sentita, comunque è stata presente. Infatti, basterebbe fare questa riflessione: se sono qui davanti a voi, se vi sto parlando, è perché la grazia di Dio, lo posso dire con Paolo, in me non è stata vana. Se non avessi avuto la grazia di Dio, non sarei qui. Neanche voi sareste qui. Certamente il Signore avrebbe realizzato ugualmente i suoi disegni, perché non ha bisogno di noi uomini, però devo dire che se non ci fosse stata la grazia, non sarebbe stato umanamente possibile salire questo calvario che non finisce mai e arrivare al Golgota. Come voi saprete, vicinissimo alla croce su cui Cristo è stato innalzato, c’è il sepolcro ed è vuoto, perché Lui è risorto. In compenso, noi abbiamo il tabernacolo pieno, perché Cristo lì è presente; è per questo che, nonostante lo scoraggiamento, l’abbattimento, l’amarezza e la delusione, Cristo ci ha unito a Sé. Infatti, quando Cristo saliva verso il Calvario, quando si trascinava, cadeva e veniva rialzato con degli strattoni, quando sentiva parole ironiche e cattive contro di Lui, pensava a coloro che lo avrebbero accompagnato e seguito nei secoli. Quindi, credo di poter affermare che, mentre Gesù saliva sul Calvario e portava la croce, ha visto anche il Vescovo e la Veggente portare la loro croce.
Morte non è la parola finale per noi cristiani, perché sappiamo che dopo la morte c’è la resurrezione, la vittoria. Noi la stiamo aspettando ed anche voi; ci auguriamo che venga presto, non perché è forte il desiderio della rivincita, ma semplicemente perché, anche se le apparenze non lo permettono, vogliamo credere ancora fermamente in Dio che ci ha fatto delle promesse e speriamo che le possa realizzare il prima possibile. Grazie delle vostre preghiere, so che domani pregherete in modo particolare, perché domani è l’anniversario della mia ordinazione sacerdotale. Io sento molto di più il 9 marzo, forse perché è stato lungamente atteso, forse perché è stato l’obiettivo di tanti anni, rispetto al 20 giugno, il giorno della mia ordinazione episcopale, perché non me l’aspettavo, non l’ho chiesta; per l’ordinazione sacerdotale c’è stata un’attesa lunga anni e quando è arrivata questa giornata, l’ho sentita particolarmente mia e la Madonna era presente; voi sapete che quel giorno era presente anche Marisa.
Domani mattina ci metteremo in preghiera, Marisa ed io, saremo solo noi; non perché abbiamo voluto escludervi, ma perché desideriamo che questo momento sia nostro, come lo è stato quarantatré anni fa. Sono stati quarantatré anni vissuti in compagnia della Madre dell’Eucaristia e chissà se verrà il Capo ad infondere, in questi corpi stanchi, nuovo vigore e nuova energia. Io guardo la telecamera davanti a me perché so che in questo momento Marisa mi sta vedendo e ascoltando dalla sua camera: Marisa, a Lourdes ho detto sì dandoti la mano, questa volta lo faccio attraverso un mezzo meccanico, e ci diamo di nuovo l’appuntamento sull’altare di Dio e ripetiamo il nostro sì a Dio, anche se impauriti e stanchi.
Ti prego, Signore, non ci abbandonare e non farci sentire mai soli.