Omelia dell'11 Giugno 2008
Ascoltare Cristo che chiama le anime è tremendo. Non ho voluto che venissero letti i versetti della Resurrezione perché, in questo momento, siamo in piena passione. Un carico enorme si è abbattuto e si abbatte quotidianamente sulle spalle, già provate e stanche, di un corpo ormai fragile e consumato. Vi parlavo di Abramo, ma voglio prendere in prestito le parole di Gesù, quando disse: “La regina è venuta dalle estreme regioni per conoscere Salomone”; ecco, qui c’è più di Salomone, io credo. Qui c’è qualcuno che ha avuto delle prove più dolorose e tremende di quelle di Abramo, come è avvenuto ieri. Non è il momento di parlare, ho parlato tanto, forse troppo. E' il momento di pregare e di supplicare Dio: è questo il motivo per cui, anche andando contro una disposizione liturgica, ho voluto che Gesù, presente nell’Eucaristia che ha sanguinato, fosse con noi dall'inizio. So bene che sull’altare Cristo è presente in Corpo, Sangue, Anima e Divinità dal momento della consacrazione, ma questo è il mese dedicato al Suo cuore e volevo che i nostri cuori si rivolgessero, adesso, direttamente al Suo. Per essere martiri e avere la palma del martirio non occorre versare fisicamente del sangue, ci sono tanti martiri che, pur non avendo versato neanche una goccia di sangue, sono stati tritati, stritolati, macerati dal dolore e dalla sofferenza, ma è umano dire, come Cristo nel Getsemani: “Passi da me questo calice”. Lui lo ha bevuto ma, dopo neanche venti ore ha raggiunto il Padre. Capita che Dio chieda a qualcuno di bere il calice amaro, non una, ma più volte e anche se glielo fa bere a sorsi, in momenti diversi, è sempre lo stesso calice. Con una differenza: dopo averlo bevuto possono passare settimane, mesi, anni, decenni e la situazione rimane la stessa. Questo è il momento della preghiera. E' inutile che io adesso vi parli, metterei solo amarezza nei vostri cuori, parlate voi a Gesù e, chi vuole, venga qui, chi può si inginocchi, chi non può stia in piedi e preghi a voce alta. Poche volte vi ho chiesto con così tanta insistenza, quasi elemosinando, di esserci vicini, di essere vicino alla veggente e al Vescovo. Voi sapete che, di cadute, prima di arrivare sul Golgota, Gesù ne ha fatte più di tre e questo ci rallegra perché le nostre cadute, come quelle di Gesù, sono tante e sono cadute di amore, ma arriva il momento in cui è legittimo, è umano chiedere aiuto a Dio. Per questo chiedo, anche a voi, di unirvi a noi e, sono sicuro anche a tutto il Paradiso, cominciando dalla Madre dell’Eucaristia, per chiedere a Dio non i trionfi, che in questo momento non ci interessano, ma un po’ di pace, di serenità per poter stare meglio. Gesù è qui presente e, se vuole, ce lo può concedere, per cui fate parlare il cuore, non pensate né alla sintassi, né alla grammatica, fate parlare il cuore, non abbiate paura, non siate vigliacchi.