Omelia del 18 Marzo 2007
IV DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C)
I Lettura (Gs 5,9-12); Salmo (Sal 33); II Lettura (2Cor 5,17-21); Vangelo (Lc 15,1-3.11-32)
Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro». Allora egli disse loro questa parabola: Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre.
Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».
Voi sapete, perché ve ne ho parlato diverse volte, che San Luca è l’evangelista che tratta maggiormente il tema della misericordia di Dio e la parabola di oggi tratta dal Vangelo ne è una chiara testimonianza. È una bella parabola che commuove e, ogni volta che viene letta, infonde in noi la sicurezza e la gioia del perdono di Dio.
Credo sia superfluo riflettere sull’amore di Dio e sulla conversione del figlio minore, perché questi temi sono stati trattati più volte. Oggi invece riflettiamo su una figura che è sempre stata messa nella penombra e non ha mai avuto la dovuta rilevanza: il figlio primogenito. Egli non è un personaggio di secondo piano, ma rifulge di una luce, di una grandezza particolare: solo chi ha vissuto le sue stesse esperienze può riuscire a comprenderla.
Cerchiamo ora di dedurre, non con la fantasia ma con la logica e con la ragione, ciò che è scritto tra le righe di questa parabola che Gesù non ha voluto evidenziare perché in quel momento era più importante far conoscere e far capire agli uomini l’amore misericordioso di Dio verso i peccatori.
Il primogenito è una persona fedele, docile, umile; è una persona laboriosa e impegnata che rispetta il padre, il suo stile di vita e le sue decisioni. È colui che riceve anche le confidenze ed i lamenti del padre. Di fronte alla condotta così sregolata del figlio più piccolo, certamente il padre si sarà rammaricato, avrà sofferto, avrà pianto per questo comportamento scorretto e immorale, trovando solo nel figlio primogenito una spalla su cui poggiarsi e un cuore che lo potesse consolare e rallegrare.
Quando il figlio minore pretende di avere ciò che gli spetta della sua parte di eredità, il padre per dimostrargli il suo amore acconsente, mentre il primogenito non riceve ancora nulla, anzi, gli viene chiesto di lavorare e di sorvegliare i dipendenti. Sorvoliamo su ciò che ha fatto il figlio minore che vive questa vita sregolata, con sperpero di denaro; inoltre, all’inizio la sua conversione è un po’ interessata, infatti egli ha fame, nessuno gli dà niente, neanche le carrube che vengono date ai maiali, per cui dice tra sé: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!” (Lc 15,17). Quindi la spinta iniziale alla sua conversione non è molto nobile, ma è la necessità di mangiare; forse sto distruggendo questa parabola, ma questa è la verità ed io la interpreto in questo modo.
Analizziamola ora dalla parte opposta: mentre il figlio minore era lontano e dissipava i suoi averi, il padre e il figlio maggiore si saranno visti, avranno mangiato insieme. Il padre avrà certo parlato del figlio lontano al primogenito e questi sarà stato stanco di parlare sempre dello stesso argomento, perché vedeva e soffriva la sofferenza del padre ma taceva, perché amava il papà di un amore grande, immenso e quindi comprendeva che per lui era uno sfogo. Probabilmente avrà anche visto il padre recarsi sulla torre più alta della casa e guardare in lontananza se per caso il figlio minore fosse in procinto di ritornare a casa e poi sicuramente scuotendo la testa avrà pensato alla devastante sofferenza del padre.
In seguito, mentre egli era al lavoro e stava curando gli interessi del padre, quel fratello perduto era ritornato e aveva chiesto perdono. Notate ancora un altro particolare: nessuno aveva avvertito il primogenito che il fratello minore era ritornato e che il padre per questa ragione stava festeggiando. Così quando il figlio maggiore ritornando a casa, aveva sentito la musica e i canti: “Chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si arrabbiò, e non voleva entrare” (Lc 15 26,28). Infatti, egli si era giustamente offeso e dispiaciuto e quando il padre uscì per invitarlo, fece le sue rimostranze. Da un punto di vista umano, la risposta paterna è difficile da accettare: “Tutto ciò che è mio è tuo” (Lc 15 31), ed egli avrebbe potuto replicare pretendendo ciò che gli spettava.
È grande questo figlio primogenito in cui io mi rivedo, e insieme a me tutti coloro che veramente si sforzano di amare Dio. Sembra quasi che Dio sia più indulgente con i peccatori e molto più esigente con i figli buoni.
La logica umana davanti a tutto questo barcolla, bisogna entrare nella logica divina per comprendere tutto ciò. Io vi ho descritto questa parabola da un altro punto di vista, forse è la prima volta che avete sentito questo, però è giusto sottolineare che fra il figlio maggiore e quello minore chi ha sofferto di più è il maggiore; chi ha avuto di meno fino ad allora è il maggiore, chi è stato più vicino al padre ed ha condiviso le sue sofferenze è il maggiore. Il figlio minore invece, si è preso ciò che voleva, ha vissuto in modo dissoluto ed immorale; poi è tornato e ha trovato il padre pronto ad accoglierlo insieme al fratello maggiore.
La parabola non ne parla, ma credo che quest’ultimo sia andato verso il fratello minore e lo abbia abbracciato, baciato ed anche rimproverato.
Vorrei che fosse evidente questo concetto: nel figlio primogenito è sempre presente l’amore, la rettitudine, l’onestà e l’attaccamento verso il padre; un affetto e un amore che coinvolge anche chi ha tradito la fiducia e l’amore del padre e quindi ha causato sofferenza in quest’ultimo.
Per questo il primogenito è una persona che deve essere per noi un esempio luminoso da seguire; dobbiamo condividere questi insegnamenti e farli nostri. Finalmente la parabola restituisce al primogenito una parte importante, la sua figura non è subalterna a quella del padre e soprattutto a quella del fratello minore; piuttosto è una presenza che illumina e chiarisce il rapporto che ci deve essere tra padre e figlio e nei riguardi di coloro che si allontanano da Dio e poi vi ritornano.
Ho meditato su questa parabola in modo intenso per diverse ore; vi ho donato le mie riflessioni, fatene parte della vostra vita, utilizzatele per il vostro stile di vita e la vostra esistenza; d’altra parte qualcuno di voi forse nel passato può aver seguito la strada del figlio minore, ma oggi certamente tutti quanti voi siete dalla parte del figlio maggiore.
Vedete qual è l’assurdità: più un figlio è vicino a Dio e più Dio è esigente, molto di più che nei confronti di chi gli ha voltato le spalle e l’ha tradito. Questa è la logica di Dio, prendere o lasciare, non ci sono alternative. Allora riconosciamo con onestà ed umiltà ciò che siamo; la conclusione è chiedere a Dio la grazia, l’aiuto, il sostegno perché possiamo continuare a svolgere il ruolo e il compito di figlio maggiore con amore, con perseveranza, con umiltà perché anche il primogenito ha collaborato al ritorno del fratello nella casa del padre.
Sia lodato Gesù Cristo.